La recensione: il concerto in streaming della Cherubini

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Riccardo Muti è in primo piano, sullo sfondo il teatro, deserto. L’Orchestra Cherubini è disposta a ranghi “distanziati”, con leggii singoli come da tempo ci ha abituati l’emergenza pandemica, almeno da quando qualche mese fa questa stessa orchestra sempre sotto la direzione di Muti ha ridato speranza alla musica con il primo concerto dal vivo in Italia dopo il lockdown, imitata poi da tante istituzioni anche all’estero – era lo scorso giugno, si inaugurava il Ravenna festival. Che si sta concludendo in questi giorni di nuovo nel segno dell’emergenza, ma al tempo stesso di una resistenza tenace e di una irredimibile opposizione al silenzio. Allora è di nuovo streaming, ma senza neppure il conforto di un pubblico ridotto: chiunque aveva potuto assistere da casa a tutti gli spettacoli estivi del festival ravennate, ma quello del concerto schubertiano di domenica mattina (e disponibile on demand fino al 6 dicembre) dal teatro Alighieri è stato il primo a uso esclusivo di spettatori virtuali, seppure disseminati in ogni continente.

E se nulla può sostituire la ritualità dell’“esserci” e la condivisione fisica dello spazio e delle vibrazioni, è vero che la tecnologia avanzatissima (d&b Soundscape En-space, unico teatro italiano a sperimentarla) garantisce un ascolto di altissima qualità, quindi la possibilità di apprezzare ogni sfumatura interpretativa, ogni dettaglio timbrico e dinamico.

Che dire allora del lirismo semplice – in realtà insidioso – che innerva la giovanile Terza sinfonia di Schubert, dell’inflessione viennese che Muti riesce a pretendere dall’orchestra, negli incisi melodici di oboe e clarinetto come nelle volute degli archi, o ancora nello stacco di quel tre quarti del Trio che sembra catapultarci tra gli ori del Musikverein dove proprio il maestro tra qualche settimana dirigerà l’ennesimo concerto di capodanno? Che dire se l’occhio si scontra con l’aura asettica che spira tra le mascherine indossate dai musicisti (eccetto naturalmente i fiati), mentre l’orecchio si bea del nitore di un’esecuzione impeccabile?

Forse la risposta è nell’eloquenza ineffabile dell’Incompiuta, che completa il programma: nel canto riflessivo che ne introduce il dramma, nella tensione che attraversa l’orchestra tutta, insomma nell’esecuzione quasi “parlante” che Muti riesce a restituirci. E, se anche non ci sono applausi in cui sciogliere l’emozione, nella tinta pastorale, nel chiarore che emana dalle ultime battute sembra di intravedere un segno di speranza. A quella ci aggrappiamo.

Secondo concerto domenica 29 ore 11 su ravennafestival.live

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