La recensione: il “Barbiere di Siviglia” a Ravenna

La “quarta parete” invita il pubblico a spiare la quotidianità di gesti e stranezze che abitano l’imponente palazzo-palcoscenico: il dentro e il fuori si incontrano lì, su quell’invisibile confine attraversato dallo sguardo di un’umanità di passaggio: ragazzi a passeggio, un clochard, un “umarèl” con tanto di giornale, una suora e un runner, una mamma con carrozzina e un’anziana con deambulatore, una maleducata che butta cartacce e uno spazzino imbranato che le raccoglie, un carabiniere. Persino un rider in bicicletta, venuto a consegnare la pizza a Figaro e Rosina…

Ecco: è il “Barbiere di Siviglia” di Rossini andato in scena venerdì scorso al teatro Alighieri di Ravenna, nella nuova produzione firmata Luigi De Angelis – con costumi e drammaturgia di Chiara Lagani, insomma, Fanny & Alexander. La più celebre delle opere rossiniane, quella comica per eccellenza, è terreno minato per i registi: le letture “tradizionali” cedono spesso a un polveroso macchiettismo; quelle “moderne” perdono talvolta di vista il senso della vicenda alla ricerca di arcani significati nascosti… De Angelis no: rimane saldamente ancorato al tessuto e al senso della commedia in scena conferendole però nuova veste e attualizzandola – non solo esteriormente, ché non basta un cellulare in mano a Rosina per parlare di noi, oggi. E soprattutto lo fa senza scivolare mai in quella banale trivialità che in opere come questa è sempre dietro l’angolo; al contrario. Qualcuno dirà che il meccanismo del voyerismo sulla scena o l’artificio del dentro/fuori e della parete aperta sulla strada non è una novità assoluta. Certo.

Ma a convincere è la levità dell’insieme, l’effetto straniante e poetico che scaturisce dalle sgangherate comparse; così come quello squarcio di profonda tristezza che si apre già con l’aria malinconica della governante Berta (“ah vecchiaia maledetta”) – per una volta non semplicemente sfoggio di interpretazione (esemplare quella di Giovanna Donadini, anche attrice consumata) ma approdo naturale di azioni e sensazioni fin lì suggerite – e culmina nel temporale che nei calci sferrati al povero barbone e nell’inquietudine che attraversa la scena svela la parte oscura di ognuno di noi. Per non dire delle gag dai tempi perfetti: talvolta esilaranti: dal tormentone dello spray igienizzante nella scena del falso maestro di musica alla seduta di Bartolo al Barber Shop di Figaro… Grazie anche a un cast dinamico, che sa ben tenere la scena: primo tra tutti il Figaro di Alessandro Luongo, disinvolto e brillante, voce duttile e intonazione sicura, come il Bartolo di Omar Montanari, anch’egli perfettamente aderente alla parte; eppoi, Matteo Roma/Conte d’Almaviva, voce agile e piacevole, così come Mara Gaudenzi/Rosina, elegante e puntuale. Della strepitosa Giovanna Donadini si è detto, ma convincente è anche il Basilio di Arturo Espinosa. Concertati con gusto e accuratezza, secondo tempi scattanti e incisivi, dal giovane Giulio Cilona, sul podio (e al fortepiano) dell’Orchestra Regionale Filarmonia Veneta. Lungo e convinto l’applauso del pubblico. Oggi (domenica 23) la replica, alle 15,30.

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