La recensione: Claudio Baglioni al teatro Bonci di Cesena

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La magia del teatro all’italiana che emana calore e intimità aiuta a ripercorrere la propria storia con leggerezza, dolcezza, e un po’ di melanconia. Ne è convinto Claudio Baglioni che ha scelto i teatri per fare echeggiare le sue Dodici note solo, rimbalzate martedì al Bonci di Cesena, 53ª tappa del tour in solo con tre pianoforti, uno classico, una tastiera elettrica, una clavinova.

«Stasera mi alterno fra questi strumenti che rappresentano passato, presente e futuro». Un teatro (ovviamente) gremitissimo, “ragazze” ma anche “ragazzi” vogliosi di attraversare con Claudio il tempo con circolarità, «in senso orario ma anche antiorario».

Così fa il “ragazzo” settantenne sul palco, con lo stile curato ed elegante di sempre. Un tour terapeutico dopo «tre anni senza concerti, interrotto anche dal Covid, partito il 24 gennaio dal Teatro dell’Opera di Roma», frase con cui giocherà per tutto il concerto. Una lunga serata, 3 ore e 30 minuti, «data record» del tour in cui fa rivivere 30 canzoni intervallate da monologhi dove si racconta alla sua maniera, con ironia e autoironia. Tutti, artista e pubblico, immersi in una atmosfera ovattata, un palco con proiettori di forma diversa, un gioco di luci caldo e avvolgente. Solo interrotto da flash e luci di cellulari che riportano al presente. La scaletta mescola oggi, ieri, e ancora più l’altro ieri, con raffinata oculatezza. Parte da “Solo” e prosegue con “Io dal mare”, il luogo a lui più caro dove dice di essere stato concepito, quindi “Dieci dita”, “Strada facendo”, “Fotografie”, “Uomini persi”, “Gli anni più belli”, “Un po’ di più”, “Tutto in un abbraccio”, “I vecchi”.

Si avverte forte in Baglioni il bisogno di raccontarsi in stretta condivisione con il pubblico, che a sua volta continua a rivestirsi delle parole dell’artista, porgendogliele come pretesto per nuove canzoni: «Ho scritto 320 canzoni ma dopo ogni concerto c’è sempre chi mi dice: non hai fatto quella! Ci sono serate in cui alle 3 di notte ti pensi solo avvolto da lenzuola, ma trovi gente che ti aspetta per dirti: sono trent’anni che aspetto ’sto momento!».

Ricorda Cesena e il Bonci come luogo di un altro tour nei teatri, 21 anni prima (maggio 2001); canta “Stai su”, “Dovunque tu sarai”, “Dodici note”, “E adesso la pubblicità”, la bellissima “Acqua dalla luna”, “Vivi”. Torna indietro nel tempo con “Quante volte”, canta “Amori in corso”, le recenti “Mal d’amore”, “Uomo di varie età”. E poi tutti insieme in coro per “Poster”, “Avrai”, “Mille giorni di te e di me”, gli esordi di “E lungo il Tevere” (1972), “Sabato pomeriggio”, “Con tutto l’amore che posso”, fino a toccare dentro l’anima con “Questo piccolo grande amore”, “Amore bello”, “Tu come stai”, “La vita è adesso”.

La voce non è più la stessa, gli arrangiamenti smorzano i toni impossibili di allora, qualche falsetto di troppo, ma tutto fa parte della vita, e tutto gli viene perdonato per la sua sincera generosità. «Sono l’unico a fare concerti così. Abbiate giorni bellissimi, grazie per avere battuto con me il tempo».

I saluti

In camerino accoglie solo i suoi pochi invitati, fra questi Maurizio Ferrini e Mirko Casadei: «L’ho conosciuto nel 2006 – ci dice Mirko – quando mi invitò a suonare al suo festival O’scià, a Lampedusa. Mi accolse vestito di bianco con calici in mano per un brindisi, da allora mi invia messaggi e saluti. È unico, artista straordinario e gran bella persona». All’una di notte decine di fan lo attendono sul retro del teatro. Il macchinone è pronto, Baglioni sale sul bordo dello sportello, sorride, saluta, firma autografi, ringrazia per le rose e se ne va.

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