La piadina è stata la nostra consolazione: nel 2020 una produzione record da oltre 22mila tonnellate

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L'anno del lockdown non ha frenato la corsa della piadina romagnola certificata Igp (Indicazione geografica protetta): la sua produzione infatti nel 2020 ha toccato il suo massimo storico, superando per la prima volta le 20.000 tonnellate. Lo conferma il bilancio dello scorso anno del Consorzio di promozione e tutela della piadina romagnola, ente impegnato in prima linea nella tutela e contro i tentativi di contraffazione. In dettaglio: nel 2020 la piadina romagnola Igp ha registrato 22.030 tonnellate di produzione, registrando un +23,3% rispetto all'anno precedente (17.860 tonnellate). La certificazione inoltre si è affermata come valore aggiunto del prodotto, tanto che l'87% della produzione generale di piadina avviene sotto i crismi dell'Igp. In sostanza sulle 25.276 tonnellate di piadina prodotta complessivi, oltre 22mila sono certificati.
"Si tratta di un grande risultato apprezzato dai consumatori che hanno visto nell'Igp una garanzia di qualità del prodotto- spiega Alfio Biagini, presidente del Consorzio di Produzione della Piadina Romagnola- la certificazione Igp infatti stabilisce che la piadina romagnola deve rispettare il disciplinare di produzione, ricorrendo ai quattro ingredienti cardine della tradizione: farina, acqua, sale, olio o strutto. Un apposito organo di controllo ne certifica il pieno rispetto". In sei anni, ovvero dall'entrata in vigore della certificazione nel 2014, la piadina romagnola Igp è cresciuta del +225%. Per potersi fregiare dell'Igp, la piadina deve essere confezionata nelle sole zone di produzione stabilite dal disciplinare, ovvero in Romagna. Due le "varianti" riconosciute: la "riminese", con un diametro maggiore (23-30 cm) e più sottile (fino a 3 mm) e quella dell'entroterra, con un diametro minore (15-25 cm) ma più spessa (4-8 mm).

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