La nuova frontiera del green verticale e delle pareti vegetali

«Il futuro del verde in città si gioca su sostenibilità e programmazione». Così Paolo Pignataro, paesaggista di formazione agronomica ed esperto di progettazione di aree verdi. Nel suo curriculum, la partecipazione al progetto del Padiglione Israele a Expo 2015, la progettazione del verde verticale (350 metri quadri, oltre 10 mila piante) su un deposito degli autobus di Atm a Milano, e una serie di interventi di riqualificazione di spazi pubblici e privati.

La presenza del verde nelle città è sempre più una questione di salute pubblica?

«L’allargamento dei perimetri urbani sta creando vasti territori asfaltati, con perdita irreversibile di suolo, deterioramento ecologico e intensificazione di problemi per la salute dei cittadini. Numerose ricerche scientifiche dimostrano che le infrastrutture verdi sono un fattore chiave per la salute degli abitanti. In proposito il professor Francesco Ferrini, docente di Arboricoltura all’università di Firenze, ha spiegato che anche solo un miglioramento del 5% della condizione di benessere degli italiani, ottenuto potenziando le aree verdi, consentirebbe un risparmio di 6 miliardi di euro annui. Reinvestendone anche solo una piccola parte in nuove aree verdi, miglioreremmo ulteriormente il benessere generale, innescando un circolo virtuoso».

Quali sono i rischi che si corrono in questa fase?

«Il rischio principale è quello di non avere una strategia chiara. Intanto è opportuno ricordare gli obiettivi Ue di azzerare il consumo netto di suolo entro il 2050, con azioni entro il 2030. Poi è necessario abbandonare obiettivi irrealistici, con numeri iperbolici di alberi da piantare. Bisogna passare al concetto di copertura degli spazi realmente disponibili con specie adeguate. Un esemplare di una specie di prima grandezza, sviluppato in forma naturale, senza necessità di potature, potrà fornire la stessa copertura di più alberi raggruppati, che si limitano a vicenda. Nella forestazione urbana le piante devono adattarsi a condizioni avverse e competere per lo spazio: senza un’attenta progettazione, molti esemplari sono predestinati a cicli di vita sempre più brevi».

Ci sono esperienze virtuose da cui prendere spunto?

«In quartieri carenti di aree adatte per gli alberi si può intervenire con cespugli e siepi, ma anche con verde pensile che trasforma distese di lastricati in freschi giardini, che migliorano l’ecosistema urbano e favoriscono la socializzazione. Oppure con pareti vegetali, che aggiungono verde dove non sarebbe altrimenti possibile.Un esempio è il quartiere Lorenteggio di Milano, con spazi inadatti per le alberature, dove si è intervenuti con aiuole diffuse e una grande parete verde sul deposito Atm di via Giambellino, con funzioni di raffrescamento e pulizia dell’aria».

L’estate 2022 è stata caratterizzata da temperature torride e siccità. Come affronteremo quella del 2023?

«Sarà necessario lavorare su più fronti, riducendo il fabbisogno, diversificando le fonti idriche e migliorando l’efficienza d’uso. In alcuni areali si sceglieranno specie meno esigenti. Nei climi mediterranei i picchi di calore sono accompagnati da periodi siccitosi, ma tecniche di accumulo di acque meteoriche contribuiscono a ridurre i consumi da altre fonti. Sistemi di micro-irrigazione, con sensori di umidità nel terreno, aiutano sempre più a ottimizzare l’efficienza irrigua».

Commenti

Lascia un commento

Per favore inserisci il tuo commento!
Per favore inserisci il tuo nome qui