La nascita di un bambino può sconvolgere mamme e papà

Archivio

«Fino a 20 anni fa, nell’ambito della ricerca scientifica sulla depressione post partum si faceva solo riferimento alle madri, nonostante diversi casi clinici evidenziassero la presenza, fin dalla gravidanza, di disturbi di natura affettiva e depressiva anche nei padri. «Oggi sappiamo che nei padri che accudiscono i propri neonati avvengono cambiamenti sia a livello psicologico, ormonale (testosterone, ossitocina, vasopressina, prolattina) che in alcune aree del sistema nervoso centrale influenzati dall’accudimento nei confronti del figlio» spiega Franco Baldoni, medico e psicoanalista, professore associato di psicologia clinica all’Università di Bologna. Negli ultimi due decenni c’è stata una forte accelerazione della ricerca in questo ambito, di cui il professor Baldoni è stato precursore, diventando oggi una figura di riferimento: «Un primo passo è stato parlare di depressione perinatale piuttosto che di post partum, perché il 50% circa di questi problemi si manifesta nel periodo antecedente al parto. Con il termine perinatale ci si riferisce, infatti, a tutto il periodo che va dalla gravidanza fino a un anno dalla nascita del bambino».

Successivamente l’attenzione degli studiosi si è spostata sugli uomini: «È intorno al 2010 che nelle ricerche scientifiche internazionali si è risvegliato un interesse sulla figura paterna e sono stati condotti tantissimi studi evidenced-based e randomizzati i cui dati hanno convinto la comunità scientifica. Inoltre si è cominciato a parlare di “disturbi affettivi perinatali paterni”, perché il termine depressivo risultava riduttivo rispetto all’espressione che questo disagio può prendere negli uomini».

Uomo e donna: reazioni diverse

A livello clinico, infatti, i padri tendono a manifestare la sofferenza depressiva in maniera differente rispetto alle madri: «Le donne sono più propense alle alterazioni dell’umore, al pianto, al lamento, al senso di impotenza, tristezza, inibizione comportamentale e sfiducia; mentre gli uomini sono maggiormente colpiti da alterazioni del comportamento e dall’ansia (attacchi di panico, disturbo post- traumatico da stress e disturbo ossessivo compulsivo). Nel quotidiano manifestano crisi di rabbia (litigi, violenza domestica, rotture o lancio di oggetti, urla, minacce). Ciò dipende in parte da condizionamenti sociali e culturali che legittimano il pianto e il lamento nel genere femminile piuttosto che in quello maschile: «Alla base c’è una mancanza di informazione da parte dell’ambiente sanitario nel conoscere questi temi. Una delle maggiori attività che svolgo, insieme alla ricerca, è la formazione degli operatori sanitari. Nel mondo anglosassone si parla di “Maternal Gate-Keeping”, fenomeno che si manifesta quando le donne colludono con gli operatori sanitari (ginecologi, ostetriche, pediatri, neonatologi, ecc…) nel considerare la maternità un fatto tutto al femminile: quanto il padre sia coinvolto nell’esperienza della gravidanza e della nascita dipende, quindi, sia dalla donna che dagli operatori sanitari. Molto spesso il padre è tenuto ai margini, e in molti casi gli uomini si sentono legittimati a estraniarsi, specialmente quando hanno delle resistenze».

Il professor Baldoni paragona l’esperienza della paternità all’imprinting degli animali: «Un fenomeno che si riferisce a quei comportamenti che spingono un cucciolo a legarsi a una figura di riferimento entro uno specifico periodo di tempo. Il fine è quello della protezione dai pericoli. La stessa cosa accade tra padre e figlio: non si può pretendere che dopo uno o due anni di vita del bambino, si venga a creare tra i due una relazione di attaccamento che non si è instaurata precedentemente nel periodo fisiologico».

L’evento riguarda la coppia

Non solo rabbia e ansia, ma anche la tendenza a sviluppare delle dipendenze sono le modalità in cui i padri tendono a estraniarsi dalla nuova relazione: «alcol, droghe, fumo, dedicarsi eccessivamente al lavoro, internet compulsivo, smartphone, chat, siti porno sono tutti comportamenti che hanno l’obiettivo di diminuire la tensione mentale. Si deve cominciare a considerare la nascita di un bambino come un evento che riguarda la coppia (e l’intera famiglia, compresi nonni e fratellini) e non esclusivamente la relazione madre-bambino. Gli operatori sanitari devono pensare sempre alla coppia e coinvolgere il padre sin dall’inizio, informando entrambi sulle difficoltà che si potrebbero incontrare».

Newsletter

Iscriviti e ricevi le notizie del giorno prima di chiunque altro Clicca qui