La mia mattinata global

Ieri mattina il suono della sveglia mi ha strappato al mio letto dell’Ikea, la popolare catena svedese che ha ormai colonizzato le nostre case. Ho controllato se mi erano arrivati messaggi urgenti sul mio telefonino coreano Samsung, che da qualche settimana ha sostituito il precedente smartphone della Wiko, gruppo emergente franco-cinese. Intanto, ho preparato un italianissimo caffè Lavazza in una italianissima moka Bialetti.

Mentre facevo colazione, per caricarmi un po’, ho ascoltato dell’ottima musica dei Queen, il mitico gruppo britannico. Sono salito sulla mia Seat Altea, auto spagnola ma del gruppo tedesco Volkswagen, e ho raggiunto un caro amico che mi aspettava per fare due chiacchiere nel parco vicino all’istituto tecnico “Blaise Pascal”, intitolato a un celebre matematico e filosofo francese. Rientrato a casa, ho dato una “aggiustata” alla mia barba, diventata indecentemente incolta, usando un rasoio elettrico Philips, prodotto in Olanda. Ho indossato i miei pantaloni Holidays, che – non fatevi ingannare dal nome – sono di un gruppo tessile molisano, e perciò sono patriottici, mentre sull’etichetta della prima camicia che ho trovato dentro l’armadio devo confessare che c’è scritto “made in Hong Kong”: mi dichiaro colpevole. Mi sono incamminato verso la redazione e lungo il percorso ho avuto il piacere di incontrare un simpatico ed educato giovane senegalese che prova a guadagnarsi da vivere vendendo libri di autori africani e nel corso degli anni è diventato un mio buon conoscente.


Queste sono state le prime due ore e mezzo della mia giornata. Probabilmente non sono molto differenti da quelle di tutti voi che state leggendo questo mio banale e noioso spaccato di vita quotidiana. Il 26 maggio andremo a votare per eleggere il nuovo Parlamento Europeo. Ognuno si esprima secondo coscienza, ma permettetemi una piccola domanda: oggi, nel mondo in cui siamo immersi, ha senso non solo da un punto di vista politico ma sotto il profilo squisitamente logico parlare di “padroni a casa nostra”, “prima gli italiani”, “interessi nazionali”, “porti chiusi”, “difesa dei confini”? Possiamo davvero maledire la globalizzazione senza maledire ogni minuto delle nostre vite e ogni oggetto che ci circonda nella nostra quotidianità? E soprattutto è pensabile e desiderabile un futuro fatto di muri, fili spinati e dazi?
Bonjur, buona giornata, bye bye, hasta la vista e naturalmente at salùt.

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