Rimini, "la mia fuga dalla guerra incinta: Zlata crescerà in Ucraina"

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Ha messo al mondo la sua Zlata sabato mattina scorso all’ospedale Infermi. Ieri, nel primo pomeriggio, Tatiana è tornata all’hotel Margherita a Miramare, dove è ospite insieme alle altre due bimbe, Solomia e Lana, con in braccio la neonata che sulla carta d’identità porterà per sempre Rimini come luogo di nascita.

Sono fortunata

«Mi sento fortunata, ora sono tranquilla e al sicuro». Bionda e occhi azzurri, 33 anni, Tatiana racconta di avere avuto «molta paura, quando è scoppiata la guerra, perché stavo per partorire e decidere di scappare non è stato facile, ma adesso mi sento al sicuro. Sto bene».

L’attesa del marito

Stringendo tra le braccia il “fagotto” con dentro la bimba che ha solo un paio di giorni di vita, la giovane mamma ucraina racconta di essere in procinto di riabbracciare a brevissimo anche il marito. «Era rimasto in Ucraina perché non poteva lasciare il Paese per combattere, ma con la nascita del terzo figlio la legge del nostro Paese permette di lasciare le armi. Appena spedisco il certificato di nascita lui parte e ci raggiunge».

«Vogliamo tornare»

Tatiana sorride, nel raccontare un’avventura che nel buio e negli orrori della guerra può scrivere un finale di gioia e di speranza, e nel pensare al futuro non ha dubbi. «Adesso lui (il marito, ndr) viene qui, ma poi, appena finisce la guerra, vogliamo ritornare a casa». “Casa” è la loro città in Ucraina, lì dove desiderano far crescere le loro figlie che oggi, intanto, sono ospitate nell’hotel di Miramare, accudite dall’affetto di decine di volontarie e delle altre, tante, donne, scappate come loro dalle bombe e dai missili dei russi.

La scelta di Rimini

Anche Tatiana, come tantissimi altri ucraini, aveva scelto Rimini come meta “di salvezza” perché qui aveva dei conoscenti, una base d’appoggio. «La mamma del marito - spiega Stefano Lanna, il proprietario dell’hotel Margherita, che ieri pomeriggio è corso in ospedale per riportare Tatiana nella sua camera d’albergo, - vive e lavora qui come badante. Solo che ovviamente non poteva ospitarla, quindi lei e le due bimbe, più quella in pancia, sono dovute venire qui nel mio hotel». «Hanno fatto un lunghissimo viaggio in treno, e io oggi, con quale coraggio - si chiede, alludendo all’imperativo ribadito proprio ieri dalla Prefettura - dovrei sbatterle fuori?». L’albergatore spiega infatti di non avere dubbi: «Intanto vado avanti con la bontà della gente. C’è un benefattore “misterioso” che due volte alla settimana mi manda carne, pesce, pane e yogurt, e ho una sala piena di giochi, vestiti e cibo. Al massimo, le ucraine lavoreranno in hotel da me».

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