La malattia ha tolto tutto ma non il sorriso

Ciò che rimarrà impresso nella mia memoria è e sarà per sempre il sorriso di mia mamma. Il suo sorriso è una delle poche cose che questa malattia, vorrei dire terribile, ma tutte le malattie sono terribili, non mi ha portato via. E’ subdola questa malattia perché porta via poco alla volta, giorno dopo giorno, e all’inizio non si ha la vera percezione di ciò che succede e soprattutto non esiste una cura medica, una terapia efficace. Mi verrebbe da dire che, anche attraverso l’altrui esperienza, ho imparato che l’unica cura efficace è sentire il malato attraverso le sue e le nostre emozioni. Ma per arrivare a ciò il percorso è lungo e articolato e non si può fare da soli, nessuno sarebbe in grado di farlo senza l’aiuto di chi, professionalmente, è competente di ciò e di tanti familiari di ammalati che, essendoci già passati, ci sanno dare tanti buoni consigli. Ecco questa è una delle cose buone che la malattia di mia mamma mi ha insegnato (si anche le malattie peggiori portano qualcosa di buono) e ho imparato, citando il titolo di un famoso libro, che Nessuno si salva da solo. Il mio incontro con le psicologhe e i familiari dell’Amarcord caffè di Rimini risale ormai a due anni fa, in quel momento ero veramente sola e persa ma volevo fermamente una cosa, volevo capire, capire, capire. Avevo preso atto che mia mamma era malata, ma non riuscivo a comprendere come aiutarla e questo mi faceva soffrire tantissimo. Attraverso gli incontri con il “gruppo” ho imparato che se mia mamma si allontanava sempre di più dalla mia realtà allora era necessario che fossi io a entrare nella sua e magari a volte, quando possibile, farla rientrare nella mia. Oppure rimanere insieme a lei in quel suo mondo ormai lontanissimo, ma che per lei era stato un tempo felice, fatto di persone che ormai non c’erano più, ma che in alcuni momenti della giornata cercava come se fossero ancora qui fra noi. Ho imparato ad osservarla tantissimo, ad ascoltarla molto più di quanto non abbia fatto in tutta la mia vita. Lei ad esempio non sa più dirmi se ha caldo, freddo, sete e così via (mia mamma oramai difficilmente trova le parole giuste per esprimere un concetto), ma io capisco perché ascolto comunque i suoi discorsi disarticolati e la osservo attentamente (certe volte un gesto dice più di mille parole). Negli ultimi anni mi sono resa conto che io sono diventata la sua mamma e lei mia figlia, però alcune volte ho bisogno di sentirmi di nuovo figlia allora avvicino tantissimo il mio viso al suo, le sorrido lei mi sorride ed è di nuovo la mia mamma.

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