La Linea Gotica in 100 racconti

RIMINI. La grande storia è fatta di piccole storie che rischiano di “sciogliersi” al passare del tempo nel calderone degli avvenimenti più importanti, finendo per essere dimenticate, come se non fossero mai esistite. Ciò che sarebbe una grande disdetta perché la storia, e soprattutto le guerre, sono fatte delle vicende umane di coloro che le combattono o subiscono. È un’opera altamente meritoria dunque, questa che viene pubblicata proprio oggi dall’editrice bolognese Pendragon e intitolata “Di guerra e di genti. 100 racconti della Linea Gotica”. Ne sono curatori Andrea Marchi, Gabriele Ronchetti e Massimo Turchi che hanno raccolto e documentato 100 vicende svoltesi durante quella battaglia che durò ben 8/9 mesi, che interessò l’Italia all’altezza dell’Appennino Tosco-Romagnolo e Marchigiano, dall’estate del 1944 alla primavera del 1945, e che contribuì a segnare le sorti della Seconda guerra mondiale.
In oltre 500 pagine corredate da una ricchissima bibliografia, gli autori – sulla scia del mondo anglosassone che chiama questo tipo di saggi “public history” – si sono cimentati in un testo storico, basato su documentazione rigorosa ma scritto per un pubblico ampio e con il riferimento diretto alla memoria viva di quei fatti. Ne parliamo con uno dei curatori, Andrea Marchi.
Inquadriamo il libro nel momento storico. Siamo nell’estate del ’44 e in Italia si crea un nuovo fronte di guerra, la Linea Gotica.
«Era l’ultima difesa dei tedeschi in Italia sull’Appennino, pensata sulla falsariga di quella approntata qualche mese prima a Cassino, la Linea Gustav. Dopo la presa di Roma da parte degli alleati, i tedeschi si ritirano e il maresciallo Kesselring, che li guida, si assesta sull’Appennino. Hitler ordina la resistenza a oltranza. I lavori per la realizzazione della linea andranno da Massa Carrara a Pesaro, tagliando in due l’Italia».
Questa, come specificato, non è la storia “ufficiale” dei grandi avvenimenti. Ma non è nemmeno storia con la “s” minuscola, perché non si tratta di semplici racconti su personaggi minori, ma di una ricerca molto ben documentata di quegli avvenimenti piccoli e grandi che poi nel loro insieme fecero la vicenda umana all’interno della Linea Gotica.
«Il nostro obiettivo, a 75 anni dagli avvenimenti, era quello di parlarne non come e per gli specialisti, ma nemmeno lasciarla alla polverizzazione della memoria. Volevamo erigere una bastione documentato che nel suo insieme desse bene l’idea di cosa è stata questa battaglia enorme che ha interessato tutte le stagioni dell’anno e restituire un panorama credibile di ciò che è successo, seguendo le vite e le morti delle persone che l’hanno attraversata, restituendo anche l’emotività che seguì sempre agli avvenimenti».
La linea passava anche per la Romagna, che è la zona che ci interessa. Vuole accennare a qualche episodio che avvenne qui?
«C’è da sottolineare che, mentre nella parte occidentale la Linea restò alquanto stabile, sul fronte orientale ebbe un andamento particolare, perché era da questa parte, e quindi anche in Romagna, che le truppe inglesi, su ordine di Churchill, spingevano su questo fronte che venne definito “il fronte perduto” o “dimenticato”. Molte delle truppe vennero infatti dirottate in Francia e ciò determinò anche la lunghezza di questa battaglia: lo sforzo degli Alleati fu grande ma non così grande come avrebbe potuto essere. Noi abbiamo raccolto storie che riguardano il Ravennate, il Forlivese, le valli di Comacchio, Rimini, Gemmano dove si combatté uno scontro spaventoso. Gli episodi di Resistenza qui furono tanti e formidabili. Con il comandante Bulov infatti, la Resistenza venne inquadrata nell’Esercito di liberazione e venne attuata ciò che molti ritenevano impossibile, cioè la pianurizzazione della Resistenza, mentre prima si pensava si potesse combatterla solo in montagna. I romagnoli si inventano la Resistenza di pianura e ci sono episodi fantastici, molti nella valle del Senio. Per dirne uno, i partigiani, dopo le azioni di guerriglia, per non farsi trovare dai tedeschi, si nascondevano in buche scavate nei terreni delle vigne e respiravano attraverso tubi posti nei tronchi cavi delle piante. Dopo gli attacchi, sparivano letteralmente, come i vietcong in Vietnam: ma 20 anni prima di loro… Potrei citare anche l’episodio di Sarsina, una strana azione che mise in luce una sorta di garibaldino nato in Sudamerica, il quale si trovò a fare un duello all’americana in mezzo alla piazza del paese contro un soldato tedesco. O i partigiani che, scesi dalle montagne, si mettono a ballare di notte per festeggiare la riconquistata apertura della strada. Piccole storie ma che in realtà rappresentano la nervatura con cui è stata vissuta la guerra, tra eroismi, miseria e tanta drammaticità. A Casola c’era un bambino seduto su un muretto. Passò di lì uno poco più grande di lui e lo invitò ad andare via per giocare insieme. Ma il bambino si rifiutò e pochi minuti dopo venne ucciso da una cannonata. Quel bambino che voleva portarlo via si chiederà per tutta la vita: se avessi insistito, avrei potuto salvarlo? E gli rimarrà per sempre impressa la scena della madre straziata dal dolore che abbraccia quel povero corpicino martoriato. Ecco, racconti così, con tante sfaccettature. Come la storia del cosiddetto “amico Fritz”, il soldato tedesco veramente esistito, che viveva in simbiosi con la popolazione locale, quasi benvoluto, ospite a casa di una donna. La sua “controffensiva” si limitava a questo: quando gli Alleati sparavano tre colpi di mortaio, lui ne sparava altrettanti. E finiva lì fino al prossimo “attacco”. Ma andò male anche a lui: subito dopo la Liberazione fu trovato morto in un fossato».
Un’opera corale alla quale hanno partecipato a diverso titolo più persone, da chi ha raccolto le storie a chi l’ha cofinanziata con il crowdfunding. Un lavoro corposo (più di 500 pagine)…
«Ci sono voluti due anni e mezzo per portarlo a termine insieme all’Associazione Linea Gotica che si batte per una memoria attiva, non da reduci, che vuole farne occasione di riflessione moderna. L’idea elaborata da noi tre curatori è stata definita con alcune caratteristiche: le storie dovevano riguardare tutto il territorio, la maggior parte di tipologie possibili di esperienze dovevano essere documentate e rappresentare il massimo livello di umanità coinvolta».
Oggi, in epoca di Coronavirus, quest’opera assume anche altri significati, oltre a quello di documentazione. Si potrebbe parlare di nuovo “Decamerone” (scappare dalla peste anche grazie ai racconti), come viene accennato nella prefazione, ma anche di esempio di come si combatte per la libertà contro la costrizione di un “nemico” che ti blocca, sia esso il nazifascismo o il Covid-19.
«Raccontando storie di quest’ultima – speriamo – grande guerra che si è combattuta in Italia, volevano anche noi contribuire a dare strumenti e spinte affinché non se ne combattano mai più, questo era il primo obiettivo. Poi volevamo fare presente come si combatte un nemico in maniera unita e comune, senza ricercare colpe o fuorvianti elementi emotivi, ma affidandosi a chi ne capisce e insieme avere comportamenti soggettivi responsabili. Il nostro lavoro è dunque un richiamo alla responsabilità. Raccontiamo di scelte di uomini e donne che cambiano la propria vita o quella degli altri. Sei tu che decidi di sparare o meno».
Con questi 100 racconti si può ritenere esaurito l’argomento, oppure è pensabile di poter raccogliere altro materiale, magari per un volume 2 o una seconda edizione?
«Sul sito dell’associazione invitiamo chi avesse altri racconti, magari inediti, a spedirceli, noi siamo ben disposti ad accoglierli, li riordineremo e li metteremo a disposizione di tutti. Le nuove storie potrebbero portarci a fare un altro volume. Queste prime 100 rappresentano uno spaccato per farsi un’idea molto forte, ma bisogna dire che furono migliaia. Del resto lungo la Linea Gotica combatté 1 milione di soldati laddove vivevano milioni di civili. Noi abbiamo fatto una bella scrematura, dando l’immagine della complessità straordinaria della vicenda storica che è capitata, dagli scontri a fuoco fino ai matrimoni di tante donne italiane con i militari stranieri. Un libro così non era stato ancora fatto. Ma l’argomento non è certo esaurito».

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