La giungla dei bonus, un aiuto che rischia di bloccare le imprese

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L’edilizia romagnola sta veramente vivendo un periodo di rinnovato splendore? Bonus, superbonus, ecobonus, le sigle si sprecano, ma la sostanza che voleva raggiungere il governo era una: aiutare un settore in crisi da circa un quindicennio a rimettersi in piedi, incentivando al contempo i proprietari a rinnovare le proprie abitazioni o palazzi spendendo il meno possibile. La verità, secondo molti esperti, è che quello a cui stiamo assistendo non è niente di più che un «mercato drogato» i cui effetti, tra l’altro, stanno già iniziando a svanire. Anzi, il settore, secondo le associazioni di categoria, starebbe addirittura rischiando il blocco. Massimiliano Casavecchia, architetto e vicepresidente di Ance Romagna lo dice chiaramente, prendendo la sua provincia, Ravenna, come esempio. «Stando ai dati – assicura – solo il 6% dei lavori sono partiti. Gli altri, al momento, sono solo sulla carta. E se i bonus non verranno davvero prorogati, non partiranno nemmeno». Un ragionamento basato sui numeri, quindi, che Casavecchia conclude con una battuta che, poi, tanto battuta non è: «sono nato come progettista; ora mi occupo fondamentalmente di carta».

Problema tempi

Il perché il 110%, il bonus facciate e il 50% sulle ristrutturazioni, solo per citarne alcuni, al momento abbiano mosso più che altro progettisti e architetti e molto poco le aziende edili si traduce, essenzialmente, in un problema di tempistiche. «Giugno 2022 – interviene Ulisse Pesaresi, numero uno di Ance Romagna – è una data troppo vicina. Chi è partito subito è riuscito a mettere in moto i lavori, ma ora i tempi non ci sono più. La burocrazia che gira attorno ai bonus è complessa e, se aggiungiamo gli ormai noti problemi di costo ma soprattutto di approvvigionamento delle materie prime, il risultato di fare dei progetti che non verranno mai realizzati è più che concreto. Le proroghe, a mio modo di vedere, sono dovute. Altrimenti – spiega sempre Pesaresi – il 70% dei lavori in Romagna non potranno essere portati a termine». «Sarebbero stati meglio meno bonus – precisa – ma più lunghi».

Ciò che non è stato considerato, infatti, è che le agevolazioni volute dall’esecutivo sono piombate in un settore devastato. Lo attestano i dati: in quattro anni in Romagna hanno chiuso 254 aziende di costruzione (guardando al dettaglio, nel 2013 a Ravenna le aziende di costruzioni erano 5.704, oggi 5.149, nella provincia di Forlì-Cesena nel 2013 erano 6.215 e oggi 5.551, mentre a Rimini si è passati dalle 4.886 del 2017 alle 4.870 del 2020). «È chiaro che in queste condizioni – commenta Pesaresi – ripartire non è affatto facile, specialmente se la ripartenza avviene tutta in una volta». «Negli ultimi dieci anni abbiamo assistito a una vera e propria emorragia di aziende e di occupati nelle costruzioni – rincara Casavecchia –. Tra il 2008 e il 2018 sono scomparse in regione oltre 16mila imprese, in particolare realtà più strutturate. Quasi il 90% delle imprese attive oggi dichiara un fatturato inferiore ai 500mila euro». Tutto questo al momento si sta traducendo in un’unica logica conseguenza: ossia che le imprese e i progettisti al momento hanno chiuso i rubinetti e non stanno prendendo nuovi lavori.

Le conseguenze

E quelli già avviati? Il nodo è tutt’altro che semplice. A pesare, in questo caso, è soprattutto il mercato ormai isterico delle materie prime, che continua a crescere senza freni. L’ultimo Rapporto Coop ha fotografato una situazione che parla di un aumento dei prezzi del rame del 115%, dell’alluminio del 63%, del legno del 47%, a cui si aggiungono i rincari del petrolio, ora a quota più 211% e del gas, più che raddoppiato. Con queste cifre il problema è che i preventivi fatti dalle aziende durano il tempo di un battito di ciglia. Ma soprattutto i lavori da eseguire rischiano di sforare i massimali di spesa previsti, ad esempio, dal bonus 110%. Di conseguenza, chi sperava di fare i lavori a costo zero (anche se a costo zero in realtà non erano mai stati, basti pensare anche solo ai prezzi per la cessione del credito) dovrà quasi sicuramente mettere mano al portafoglio per pagare le eccedenze. Oltre al costo c’è poi un tema di reperibilità delle materie prime: il cartongesso è ormai introvabile, così come i ponteggi (alcune imprese si stanno ora rivolgendo alla Polonia o ai paesi dell’Est Europa).

«La mia sensazione – torna a parlare Casavecchia – è che in questo momento si siano accumulati problemi difficilmente gestibili. È chiaro che l’edilizia aveva bisogno di un aiuto. I bonus potrebbero essere molto interessanti come strumenti, ma solo se verranno consolidati almeno a tutto il 2023, come previsto dal Governo. Il mercato, per ripartire davvero, ha bisogno di programmazione. Fondamentale è quindi anche il ruolo delle banche – conclude Casavecchia – nel concedere credito alle imprese. In questo contesto e in mancanza di una concreta semplificazione, rischiamo di perdere l’occasione di realizzare il più grande piano di ristrutturazione delle nostre città e dei nostri territori dal secondo dopoguerra, rendendo difficile anche l’utilizzo della grande quantità di finanziamenti del Next Generation EU, indirizzati dal Pnrr».

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