La genetica e la nutrizione: un nuovo approccio alle diete

La salute e il benessere sono concetti estremamente personali: al giorno d’oggi, la prevenzione e la cura delle malattie passano attraverso un approccio centrato sulla persona in cui le varie discipline si intersecano tra loro. Ed è così che la genetica, incontrando l’alimentazione, diminuisce le possibilità che una predisposizione innata di un soggetto si trasformi in malattia: «Sempre più si utilizza la genetica a favore della salute dell’individuo, da quando è stato codificato tutto il DNA umano – spiega Paolo Lasagna, biologo nutrizionista attivo a Ravenna e a Cesena, esperto in studio della nutrigenetica e nutrogenomica – e ritengo che lo studio della genetica rappresenti il futuro della ricerca medica, farmacologica e della scienza della nutrizione».

Il piano nutrizionale su base di indagine genetica consiste in una visita con raccolta dell’anamnesi del paziente, dei suoi dati antropometrici e in un esame della saliva: «Si tratta di un autoprelievo non invasivo di materiale biologico che comprende, oltre alla saliva, le cellule dell'epitelio boccale che poi vengono analizzate in un laboratorio specializzato. Si passa così da un piano nutrizionale basato sullo studio delle calorie apportate dagli alimenti che ingeriamo a un piano nutrizionale che prende in considerazione le molecole che costituiscono gli alimenti che assumiamo e come le stesse vadano a interagire con il nostro corpo, e, ancor più, con il nostro DNA».

Tantissime le predisposizioni che si possono indagare: «Il genoma è composto da circa 40.000 geni dei quali circa 23.000 sono deputati alla codificazione delle molecole e delle proteine che regolano ogni aspetto del "funzionamento" del nostro corpo. Il laboratorio di Pisa a cui mi rivolgo ha individuato dei "pannelli" composti ognuno da una quindicina di geni scelti tra la totalità di quelli costituenti il genoma in base alle caratteristiche dell'individuo».

Predisposizioni verso malattie cardiologiche, tumorali, metaboliche, autoimmuni, relative all’invecchiamento e alle malattie psichiatriche, persino odontoiatriche. Sono tantissimi i campi che si possono analizzare: «Si possono studiare i geni che regolano vari aspetti dermatologici ed estetici come lo sviluppo delle adiposità localizzate, i danni causati dall'esposizione al sole, l'invecchiamento e lo stress ossidativo. Si può effettuare un’indagine genetica dei polimorfismi correlati ad alterazioni del microbiota intestinale che portano all’insorgenza di quadri patologici come il morbo di Crohn, la sindrome metabolica o l’infiammazione intestinale cronica».

Ampi margini sono dedicati alla terza età: «Si possono indagare quei geni coinvolti nei processi patologici legati all'invecchiamento, prevenendo l'insorgenza del morbo di Alzheimer, il Parkinson e il declino cognitivo». L’analisi è utile anche nell’ambito della psichiatria: «Anche i geni alla base dell'insorgenza di patologie come la depressione o la suscettibilità ai disturbi bipolari e la migliore o peggiore risposta ai farmaci utilizzati per la cura di questa patologia sono argomento di studio, fornendo la possibilità di intervenire con delle biomolecole contenute nei cibi in alternativa o in aggiunta agli psicofarmaci per compensare gli squilibri generati da difetti genetici». Anche le difficoltà legate alla fertilità, alla menopausa precoce, all’ovaio policistico e all’endometriosi possono trovare una risoluzione attraverso questo piano che viene assegnato dopo l’esame genetico: «Il significato del referto dei sopracitati test non ha assolutamente valore diagnostico, ma si tratta di uno studio di predisposizioni che possono venire influenzate da vari fattori epigenetici tra cui un’adeguata alimentazione, assumendo cibi più compatibili con il proprio DNA oppure eliminando quelli che risultano meno compatibili».

Newsletter

Iscriviti e ricevi le notizie del giorno prima di chiunque altro Clicca qui