La frenesia del calcio in politica

L’Italia nel pallone, in tutti i sensi. E la politica ha copiato il mondo del calcio: assenza di programmazione, smania di vincere il campionato, incapacità di gestire le crisi. Si vuole tutto e subito, la pazienza è un optional. Frenesia assoluta.
Prendete il Partito Democratico. Enrico Letta, dopo la vittoria schiacciante di Fratelli d’Italia alle elezioni di domenica scorsa e la batosta del Pd, ha annunciato che non si ricandiderà al congresso. Una resa, in sostanza, un’ammissione di colpa per scelte sbagliate. Il partito ha fior di dirigenti, organismi che rappresentano gli iscritti, le scelte di Letta di aprire prima e chiudere poi alle alleanze con il Movimento 5Stelle sono state discusse e condivise.

Con Calenda o senza? Uno dei tanti temi trattati prima del voto.
Lunedì sera però Enrico Letta era più solo di un eremita sulla montagna. Paga il conto per tutti e il Pd si avvia a un nuovo cambio della guardia, l’ennesimo, di un’esistenza tormentata.
Dal 2007, quando ha visto la luce, ha rottamato fior di segretari. Un riepilogo delle puntate precedenti può essere utile al lettore: Walter Veltroni, Dario Franceschini, Pier Luigi Bersani, Guglielmo Epifani , Matteo Renzi, Matteo Orfini , Maurizio Martina, Nicola Zingaretti, Enrico Letta.
Ricordiamo, per amor di verità, che al più tardi in giugno commentando il risultato delle elezioni amministrative con la conquista di città importanti come Verona, da sempre feudo del centrodestra, l’attuale segretario del Pd dichiarò: «Quello che già oggi emerge chiaramente è che il centrosinistra vince quando è unito, quando mette in campo candidature credibili. E poi esce fuori il dato più importante in questo momento: il Pd è il primo partito d’Italia». Tre mesi dopo l’allenatore dello scudetto ha perso la panchina: è il calcio, bellezza.

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