La Finanza agevolata per colmare il gap delle piccole imprese

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In base ai dati Istat le grandi imprese che investono sono il 95,4% del totale, percentuale che scende al 60,4% tra le micro e piccole aziende.

«Ma la finanza agevolata può colmare questo gap» dice Francesco Lombardi, presidente di Innova Finance, gruppo bolognese che affianca le imprese nella ricerca di risorse pubbliche per sostenere lo sviluppo. «È il nostro osservatorio a confermarcelo - prosegue Lombardi -. Con il ricorso a questo strumento finanziario le piccole aziende riescono a investire in innovazione quanto le grandi». La finanza agevolata rappresenta, quindi, uno spartiacque. Fondamentale in un Paese dove le Pmi costituiscono la spina dorsale dell’economia - rappresentano infatti oltre il 90 per cento del totale delle aziende - ma spesso incontrano difficoltà nell’accesso al credito e nel reperimento delle risorse necessarie a supportare gli investimenti.

Lombardi, partiamo dai numeri: quando parliamo di Pmi ci riferiamo all’ossatura del nostro sistema produttivo…

«Sì, non dobbiamo mai dimenticare che le piccole e medie imprese in Italia, secondo l’ultimo studio Prometeia datato 2019, sono circa 5,3 milioni. Danno un impiego a circa 15 milioni di lavoratori e producono un fatturato totale superiore ai 2mila miliardi di euro. Senza di loro non saremmo quel che siamo».

Però, pur essendo un incubatore di know how fanno fatica a finanziarsi.

«Esattamente, e questa dinamica fa emergere punti di debolezza che si rivelano soprattutto nel medio e nel lungo periodo.

Parliamo di debolezze di carattere strutturale che riguardano le tecnologie utilizzate, gli investimenti in capitale umano, la qualità dei prodotti e dei processi produttivi, la finanza, l’organizzazione e la presenza sui mercati internazionali. Hanno però anche tanti punti di forza, soprattutto se si pensa al breve periodo. Possono, infatti, fare leva sulla flessibilità e sulla rapidità nel rispondere ai cambiamenti del mercato. Le difficoltà maggiori però riguardano il piano finanziario».

Quale capacità di investimento ha oggi l’impresa italiana?

«Le cifre che abbiamo fotografano una situazione pre-pandemia, ma sono sufficientemente esplicative. Secondo il rapporto Istat 2019, il 64,8% delle imprese italiane ha effettuato almeno un investimento proprio in questi ambiti: ricerca e sviluppo, tecnologie e digitalizzazione, capitale umano e formazione, internazionalizzazione, responsabilità sociale e ambientale. C’è poi un ambito nel quale registriamo una percentuale molto più alta».

Quale?

«Quello delle imprese che hanno avviato almeno un processo di sviluppo o effettuato una riorganizzazione interna: la quota per loro sale al 90,7%. Ancor più interessante è come cambia il quadro degli investimenti: nel contesto generale si concentrano principalmente nel capitale umano e nella formazione, nelle tecnologie e nella digitalizzazione, meno in ricerca e sviluppo».

Voi vi occupate di finanza agevolata. Cosa cambia quando entra in gioco questo strumento?

«Quando ci si avvale di questo strumento finanziario lo scenario cambia radicalmente. Prendiamo a riferimento il periodo 2017-2020, visto che coincide con il periodo in cui è stato attivato il piano nazionale 4.0. Ebbene, più del 95% delle imprese che sfrutta la finanza agevolata lo fa attraverso agevolazioni che puntano a ricerca, innovazione, digitalizzazione, automazione dei processi produttivi, per esempio attraverso l’acquisto di macchinari ed attrezzature innovativi, internazionalizzazione».

Un’incidenza molto alta, proprio negli ambiti di maggior debolezza. Ma di che campione parliamo?

«Si tratta di un totale di 7.366 progetti finanziati, che hanno attratto 450 milioni di risorse pubbliche, di cui 94 in ricerca e sviluppo, 324 in macchinari ed attrezzature, 10 milioni in Internazionalizzazione. Una chiara dimostrazione di come, se sfruttata al meglio, la finanza agevolata può aiutare le imprese a colmare i punti di debolezza strutturale e a superare le difficoltà finanziarie tipiche delle Pmi rispetto alle grandi imprese».

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