La domenica delle palme nella pittura romagnola

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La Domenica delle palme ricorda l’ingresso trionfale in Gerusalemme di Gesù sopra l’asinello attorniato dalla folla festante che lo accoglie stendendo ai suoi piedi i propri mantelli e agitando dei rami di palma. Gli ebrei e gli arabi considerano la palma un albero benedetto, una sorgente di vita, perché produce frutti “sacri”, i datteri, alimento prezioso per sfamare gli abitanti dell’Africa del nord e tutti i popoli del deserto sahariano. Una sacralità codificata da Anna Maria Nanni (Cesenatico 1937-2021), pittrice, ceramista, scultrice e mosaicista capace di muoversi ed esprimersi con un formidabile cromatismo grafico nell’ambito dei diversi movimenti artistici del Novecento, senza abbandonare la tradizione figurativa. L’artista inserisce due palme ai lati della Croce al posto dei ladroni e ne distribuisce i rami alla base e fra i soldati nel grande mosaico della “Crocefissione” realizzato nel 2000, donato al Convento dei benedettini di Cesena nel 2019.

Dall’Africa la palma da dattero arriva in Spagna e in Sicilia durante l’invasione araba, per diffondersi come pianta ornamentale più a nord, specie in Campania e Liguria dove ancora vengono benedette in piccoli manufatti intrecciati secondo la liturgia della Domenica delle palme, mentre altrove sono sostituite dai rami di ulivo. Alberto Salietti (Ravenna 1892 – Chiavari 1961) ne testimonia la diffusione nel paesaggio “Dintorni di Chiavari” dipinto nel 1925. Ritrattista e paesaggista straordinario, Salietti svolge la sua attività più importante a Milano e in Liguria, collocandosi fra i maestri del Novecento italiano.

Giovanni Guerrini (Imola 1887 – Roma 1972) nel 1925 inserisce le palme per aggiungere elementi decorativi africani ai manifesti per le mostre internazionali delle arti decorative di Milano e Monza. Un’occasione per dare risalto all’Italia coloniale dopo la conquista della Libia avvenuta nel 1924, impiegando una grafica superlativa ancora legata alle suggestioni della migliore Art Noveau.

Gli artisti della seconda metà dell’Ottocento, viaggiatori in Nord Africa attirati dall’ambiente esotico, sono fortemente proiettati a ritrarre giovani donne nude, languide e sensuali, vittime indifese della loro stessa bellezza nell’harem, nel bagno turco o più spesso nel mercato delle schiave. È l’occasione per favorire le fantasie erotiche della borghesia con scene che celebrano il falso pietismo per le disavventure della virtù. Diversamente da loro, i romagnoli, orientalisti occasionali per contingenze belliche o per lavoro, documentano la realtà locale e ritraggono il paesaggio con le palme quale complemento che caratterizza lo scenario africano. Domenico Dalmonte (Brisighella 1915-1990), pittore e valente grafico, arriva militare a Tripoli nel 1939. Disegna e traduce in incisioni xilografiche il materiale che raccoglie, come il “Marabutto”, la tomba-mausoleo musulmano contornata dalle palme dell’oasi di Sorman, che diventerà una cartolina venduta nello spaccio militare.

Ottorino Bicchi (Livorno 1878 – Alessandria d’Egitto 1949), aggiornato pittore del Novecento vicino al “realismo magico”, dagli anni Venti risiede e lavora a Rimini. Nel 1929 si trasferisce ad Alessandria dove fonda l’Accademia artistica di disegno, pittura, scultura e decorazione. All’inizio della Seconda guerra mondiale rientra in patria e finito il conflitto ritorna ad Alessandria e riprende la direzione dell’Accademia. Nella sua incisione, le piramidi e una serie di palmizi fanno da sfondo al cammello e all’arabo inginocchiato in preghiera. Una sintesi ben realizzata di ambiente, costume e paesaggio, quasi un depliant turistico promozionale.

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