La diga di Ridracoli un modello di eccellenza per la crisi climatica | Giornata mondiale dell'acqua

Potrebbe avere l’accento romagnolo la risposta all’emergenza siccità che minaccia l’Italia intera. La Penisola soffre una crisi idrica profonda, con conseguenze per la coesione stessa del sistema Paese, ma la Romagna affronta la contingenza con serenità grazie alla diga di Ridracoli. «Una soluzione vincente - spiega Tonino Bernabé, il presidente di Romagna Acque, gestore unico delle fonti idropotabili della Romagna - perché permette di stoccare l’acqua potabile per distribuirla quando ci sono tempi di magra o di aumentata richiesta e, al contempo, consente di contenere l’eccessivo sfruttamento delle falde sotterranee e di proteggere il territorio dal dissesto idrogeologico, trattenendo l’acqua a monte». Se è vero, infatti, che il cambiamento climatico sta visibilmente modificando l’andamento delle piogge - specialmente nei mesi autunnali si registrano cali consistenti di piovosità -, è altrettanto vero che l’infrastruttura italiana per la gestione della risorsa idrica rivela gravi lacune. I numeri parlano chiaro: solo l’11% dell’acqua piovana viene stoccata, il che significa che l’89% scorre via. Ecco allora che i 50-60 mln/mc di acqua annui accumulati e distribuiti dall’invaso di Ridracoli (il fabbisogno totale del territorio è di 110 milioni) sono il modello virtuoso per rispondere a questa difficoltà. Nel 1975 quando iniziarono a costruire la diga nel verde delle foreste casentinesi nel comune di Bagno di Romagna, a non troppi anni di distanza dal disastro del Vajont, non mancarono detrattori e forti perplessità. Oggi però la diga è guardata con ammirazione praticamente unanime a livello nazionale ed è presa a riferimento da ricercatori e studiosi di varie università italiane. «Sono la diversificazione e l’integrazione delle fonti - illustra Bernabé - che ci hanno consentito di potere garantire la continuità del servizio a prescindere dalle condizioni climatiche. Rientrano in questa strategia, per esempio, il potabilizzatore della Standiana, alle porte di Ravenna, o il Canale Emiliano Romagnolo. La logica è quella di un anello che permette di far circuitare l’acqua nel territorio di riferimento». La domanda estiva di acqua per questa stagione è salva. Lo ha sancito la spettacolare tracimazione di qualche giorno fa, evento che dal 2000 era avvenuto, con l’eccezione del siccitoso 2007, ogni anno, ma che ora mancava dal gennaio 2021. Ma se per ora si può tirare un sospiro di sollievo, l’equilibrio idrico resta un tema delicato da tutelare e a cui guardare con attenzione. Tra le soluzioni non sembra rientrare la desalinizzazione, almeno per quanto riguarda la Romagna. «È un paradosso per un Paese dove comunque piove – scandisce il Presidente di Romagna Acque -. Non è conveniente realizzare desalinizzatori dispendiosissimi in termini di energia e con processi autorizzativi eterni». Per il Presidente di Romagna Acque la soluzione per blindare la sicurezza idrica romagnola per i prossimi decenni sono invece invasi di accumulo, infrastrutture per trattenere l’acqua. «Ora – spiega Bernabè - ci prefiggiamo l’obiettivo di realizzare un nuovo invaso che possa fornire fino a 20 milioni di metri cubi di risorsa ogni anno, ovvero circa un terzo di quanto garantito oggi dalla diga di Ridracoli. Se attualmente la situazione è sotto controllo, è necessario però anticipare le criticità, perché non è possibile lavorare sempre e solo in emergenza. Dobbiamo arrivare pronti al futuro».

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