La contesa tra Rimini e Riccione sui confini e il ponte sul Marano

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Nel momento in cui si stabiliva il perimetro territoriale del nuovo Comune di Riccione – ci riferiamo al 1923 –, c’era chi proponeva di frantumare «l’antichissima Parrocchia di S. Lorenzo» per concedere a Rimini una parte periferica della sua vasta superficie, dal Rio dell’Asse al torrente Marano. L’irragionevole progetto avrebbe strappato al Municipio di Riccione i fondi di Trinità, Tramontana e Roncasso. Ad evitare «l’insana decisione» erano intervenute le sollecitazioni dei residenti di quelle aree, tutti propensi a rimanere attaccati a Riccione. Lettere e “raccomandazioni” furono inviate ai membri della commissione impegnata nei lavori della spartizione ed al ministro Aldo Oviglio, che sulla questione territoriale poteva far pesare la sua autorevolezza. Ad Oviglio inviarono significativi telegrammi il parroco don Giovanni Montali – «Popolazione intera S. Lorenzo in Strada riafferma ferrea volontà unione Comune Riccione» – e Ubaldo Montebelli – «Nome popolazione residente tra Marano e Rio dell’Asse affermiamo recisa volontà unione Riccione» –. Anche il Fascio e Felice Pullè avevano patrocinato l’integrità del territorio con i membri del governo, tant’è che una volta risolta favorevolmente la questione, avevano ricevuto apprezzamenti degni di nota dal «giornale cattolico e popolare» della diocesi. «La popolazione di qui – annotava L’Ausa il 7 aprile 1923 – è assai soddisfatta della soluzione avvenuta, giorni sono, a Roma», ma se «tutta la parrocchia fa parte del nuovo Comune», questo «lo si deve al Fascio di Riccione e al dott. Felice Pullè per essersene occupati con particolare attività ed energia».

Oviglio riuscì ad appianare la contesa sui confini e a dissipare attriti e rancori con acutezza di mente: concesse a Riccione tutte le sue pretese, ma la obbligò «a completare in breve termine il ponte sul fiume Marano», un’opera necessaria «a valorizzare gli arenili a ponente del fiume e a ultimare la grande via litoranea», che avrebbe consentito la corsa del tram elettrico «a reciproco vantaggio dei due centri balneari» (La penna fascista, sabato 24 marzo 1923).

Sventato l’irrazionale tentativo dei riminesi di appropriarsi di un pezzetto di San Lorenzino, la parrocchia di don Montali, «in segno di esultanza e di festa per la vittoria ottenuta», domenica primo aprile 1923 «issava ai venti la bandiera della Patria» (L’Ausa, 7 aprile 1923).

Veniamo al ponte sul Marano. La sua costruzione è deliberata dal Consiglio comunale il 13 gennaio 1924 e l’esecuzione dei lavori prende il via nel mese di marzo (cfr. Registro delle Delibere di Giunta, sedute del 13 gennaio 1924 e 19 marzo 1924). L’impresa, realizzata in pochi mesi, testimonia l’efficienza del Municipio di Riccione e la sua volontà di rispettare i patti con Rimini. Il taglio del nastro tricolore avviene il 24 agosto 1924 – data storica per Riccione che ricorda la “rivolta” del 1922 – alla presenza di «una folla enorme e di un cospicuo numero di autorità». Oratori ufficiali della manifestazione don Giovanni Montali, il sindaco Silvio Lombardini e il cavaliere Sebastiano Amati.

Da La Riviera Romagnola del 28 agosto 1924 estrapoliamo alcune note di colore del memorabile evento: «Alle 16 si forma il corteo in viale Maria Ceccarini, che preceduto da una squadra ciclistica del locale Sport Club “Biagio Nazzaro” e dalla banda municipale montata su un camion completamente imbandierato, sfila per i viali Dante Alighieri, Verdi e D’Annunzio e si porta sul nuovo ponte costruito sul fiume Marano che dista circa due chilometri dal centro. Al passaggio dalle ville imbandierate si saluta e si applaude». A don Giovanni Montali, parroco di San Lorenzino, spetta il compito di benedire il nuovo ponte «ardentemente desiderato» dagli abitanti della sua parrocchia. Adempiuto il rito religioso, il prelato pronuncia «un appassionato discorso» sull’importanza della iniziativa. «È tanta viva la soddisfazione dei Sanlorenzinesi – dichiara don Montali – che d’ora in poi il 24 agosto sarà per loro festa solenne da celebrarsi ogni anno». Dopo il sacerdote, che si dilunga sui ringraziamenti «al Comune e a tutti coloro che si sono adoperati per la realizzazione» dell’opera, parla Lombardini. Il sindaco illustra le caratteristiche del ponte, «che attiverà il gran viale Riccione-Rimini», e sui benefici che ne deriveranno. Sul «gran viale» che fiancheggia il mare interviene Amati, «vecchio rappresentante di Riccione nell’amministrazione comunale di Rimini», colui che per primo ipotizzò la costruzione della strada litoranea, quando pensarla solamente era ritenuta una follia. L’anziano pioniere della balneazione si sofferma su quel pezzo periferico di spiaggia, per tanto tempo trascurato e sul significato storico del ponte; un’opera, dice, che consentirà il transito del tram elettrico e che unirà le due stazioni balneari in un unico grande centro di villeggiatura. Esauriti i discorsi la banda musicale attacca con la Marcia Reale; poi, nel momento in cui «la gentile signorina Anna Degli Uberti taglia il nastro tricolore» aprendo il ponte al transito pedonale e veicolare, le note di Giovinezza esplodono nell’aria accolte da scrosci di applausi ed ascoltate dai giovani fascisti in divisa nella posizione del saluto romano. Dopo la cerimonia alle autorità è offerto un rinfresco e durante la serata ha luogo un programma di fuochi d’artificio.

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