La "cipolla dell'acqua" che piace agli chef

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Raccolta a fine agosto e seccata al sole, la “cipolla dell’acqua” di Santarcangelo arriva adesso sulla tavola con tutta la sua dolcezza. Coltivata da secoli per l’autoconsumo delle famiglie contadine del posto, è diventata nel tempo recente ingrediente apprezzato da cuochi e chef che amano il territorio e i sapori autentici, e che, oggi che l’agricoltura è cambiata, nutrono anche qualche timore: la cipolla dell’acqua continuerà ad essere coltivata?

La cipolla e gli chef

Se lo chiede lo chef della Sangiovesa Massimiliano Mussoni che non manca, in questa stagione, di approvvigionarsi di questo prodotto da uno dei pochi produttori rimasti, e nei giorni scorsi ne ha portata una “scorta” anche al collega tristellato Mauro Uliassi di Senigallia, che la conosce, la apprezza e ora la sta sperimentando. «Alla Sangiovesa ogni anno ne acquistiamo almeno 50 quintali, credo gran parte della produzione odierna, e la utilizziamo per molte preparazioni – spiega Massimiliano Mussoni, che a questo ortaggio è affezionato –. La particolarità di questa cipolla è l’estrema dolcezza e questo la rende molto versatile in cucina, adatta per preparazioni sia dolci che salate. Io la utilizzo nel piatto tipico santarcangiolese di San Michele: stufata e servita con salsiccia e piadina, ma anche per antipasto, tagliata fine fine, cruda, servita con un buon radicchio da taglio, non la si deve sbiancare o rendere meno forte perché è dolce di suo. Perciò noi la impieghiamo anche per confetture da servire con i formaggi oppure per la mostarda, con le pere Igp, da accompagnare ai bolliti. È ottima per la zuppa, per i sughi con cui condire la pasta fresca, con i fegatelli di maiale». È una cipolla molto grande, per via dell’abbondante irrigazione che ne determina la dolcezza ma anche la maggiore deperibilità, e a bulbo aperto, il che ne limita la conservazione nel tempo, che nel migliore dei casi si protrae fino a Natale.

La storia

I santarcangiolesi la chiamano zvùléun (cipollone) per le sue dimensioni, ma anche biònda ad Santarcanzal per il colore delicato. Remo Vigorelli, che cura le fiere santarcangiolesi, ne tramanda la storia e ama promuoverla, le ha dedicato una favola e ricorda quella volta in cui, a una serata, ne portò una che da sola pesava un chilo e 400 grammi. «Quella della cipolla dell’acqua è una storia popolare che nei secoli, come ha ricostruito in un interessante volume l’associazione “Passioneinsieme”, ha visto anche contrapporsi mugnai e coltivatori, per lo sfruttamento dell’acqua del Marecchia». Se la cipolla si chiama così, infatti, è perché veniva coltivata lungo le cosiddette “fosse incrociate”, che danno il nome anche a un toponimo nelle campagne santarcangiolesi dove la produzione continua. Canali che alimentavano i mulini in prossimità del fiume stesso. «Tra contadini e mugnai spesso scoppiavano liti e contenziosi sulle regole per l’utilizzo delle acque, soprattutto in tempi di siccità, e si arrivava, nei secoli passati, anche a processo», spiega Vigorelli. Oggi certamente le tecniche colturali sono mutate, e il Marecchia, molto meno ricco d’acqua, non viene più “deviato” per coltivare la cipolla che la cui coltivazione comunque viene mantenuta viva utilizzando le acque dei pozzi santarcangiolesi, mantenendo così tradizione e sapore. Nei giorni della Fiera di San Michele, il prossimo week end, la si può acquistare ai banchi.

La cipolla dell'acqua protagonista alla Fiera di San Michele. La cipolla dell’acqua sarà protagonista alla fiera di San Michele il prossimo weekend, 25 e 26 settembre, a Santarcangelo. Nei due giorni della Fiera, dalle 8.30 alle 22, nelle piazze e nelle vie del centro tornano le bancarelle di artigianato, dei prodotti agricoli, piante e animali, e fra questi ci sarà anche la cipolla locale. Dolce e digeribile, consumabile sia cruda che cotta, per valorizzarla la Fiera organizza, per il sesto anno, “La cipolla nel piatto”, un percorso tra i ristoranti della città che inseriscono piatti a base di cipolla nei loro menù, con ricette della tradizione o innovative ideate dagli stessi cuochi. Lo scopo dell’iniziativa è anche stimolare la vendita fra i ristoratori e contribuire così a mantenerla in produzione. Per ora sono undici gli esercizi che hanno aderito all’iniziativa e dunque avranno la cipolla in menù: Calycanto, Da Mario, Il Lavatoio Bistrot, L’Arcangelo, Osteria Da Oreste, Osteria La Sangiovesa, La Bosca, Ristorante Lazaroun, Ristorante Zaghini, Trattoria Dai Galletti, Trattoria del Passatore. Il sapore di queste ricette andrà oltre la durata della stessa fiera, perché i menù cominceranno a essere proposti da domani e fino al 3 ottobre, ma ovviamente finché ci sarà la cipolla i piatti potranno restare in carta. Attirati magari dalla voglia di riscoprire questo spore, la festa del patrono di Santarcangelo può essere l’occasione buona per andare alla scoperta di qualche aspetto peculiare, ma magari solitamente meno visibile della cittadina dell’entroterra riminese. San Michele è anche il protettore delle grotte e per questo sono in programma diverse iniziative dedicate agli ipogei della città, oltre alle consuete visite guidate organizzate dalla Pro Loco. Sabato 25 alle 22 e alle 23 la grotta monumentale ospita le “Ulissidi”, iniziativa che prevede musica, performance e allestimenti che ricreano una suggestiva atmosfera dedicata al viaggio e alla figura di Ulisse. Domenica 26 settembre è invece in programma “L’Inferno nella Grotta”, che unisce la visita guidata con letture dantesche grazie alle voci di Marco Giorgi, Stefano Stargiotti e Remo Vigorelli. I Musei comunali propongono poi domenica 26 settembre le passeggiate archeologiche dal convento dei Cappucci al Musas, alla scoperta di luoghi e oggetti che raccontano la città più antica, dal villaggio villanoviano alle fornaci romane.

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