La cassetta del Podere Cimbalona la decide l’orto ogni settimana

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FAENZA. Alla scrivania ha scelto il campo. Al master di ricerca nell’università americana la campagna dove è cresciuto, nelle campagne faentine. Podere Cimbalona, via Basiago. Daniele Bucci, classe 1987, è uno di quei giovani che ha scelto l’agricoltura per convinzione e dalla campagna trae sostentamento insieme alla propria giovane famiglia, ma vive anche quotidianamente la soddisfazione di fare qualcosa di concreto per migliorare la terra che gli sta intorno. «Coltiviamo, cerchiamo di produrre il reddito per vivere, ma lo facciamo cercando di reinventare modelli sostenibili di agricoltura», dice Daniele Bucci. Anche sua moglie Sara Sansoni ha fatto la sua scelta. Lei ha studiato scienze dell’educazione e anche se tutti le dicevano «non sposare un contadino, non andrai mai in ferie e lui non ci sarà mai», ha fatto il contrario e ora condivide la vita dei campi e famigliare con Daniele e insieme si dedicano alla piccola Flora.


«Il mio lavoro di educatrice e il suo di agricoltore, hanno molte cose in comune: si tratta fondamentalmente di osservare. Io osservo bambini cerco di capire di cosa hanno bisogno, lui osserva la sua terra e fa lo stesso», sostiene convinta Sara. Entrambi sono impegnati nel promuovere la vita. «Quando dopo la laurea in Agraria ho deciso che avrei ripreso in mano la terra dei miei nonni, dai contadini mi sono sentito dire che ero matto e che non ci avrei guadagnato niente ma avrei solo fatto molta fatica –racconta Daniele–. Poi sono partito e dopo mi sentivo solo chiedere che cosa utilizzassi per uccidere il tal insetto, il tal fungo, il tal animale. Insomma mi sembrava che fare il contadino volesse dire solo curare malattie, trovare sempre una soluzione per sterminare qualcosa. Ma io avevo una idea opposta: un contadino è qualcuno che promuove la vita, non la morte di quello che gli dà fastidio».


Il camper delle galline
Per capire cosa intenda Daniele basta incamminarsi con lui verso l’orto, attraverso i campi che compongono la sua azienda agricola. Lasciandosi alle spalle la vecchia casa di campagna dove lui e la sua famiglia vivono, e che un giorno spera di ristrutturare tutta «ma desso va bene così», si passa prima davanti ai filari della frutta e qui lo sguardo case su un pollaio davvero particolare. «Ah quello è il camper delle mie galline» dice lui. Un camper? In effetti lo è perché serve per mettere le galline al riparo dalla sera al mattino, non solo dagli animali selvatici, ma anche dai cani dei cacciatori che si avvicinano fin troppo alle case, e poi “cammina” anche sulle ruote. «Quando le galline sono a bordo, il camper si può spostare da un filare all’altro, e a turno li tengo tutti “puliti” grazie al loro lavoro – spiega Daniele, che evidentemente di studiare non ha perso il vizio e ha trovato questa soluzione guardando cosa fanno i contadini nel resto del mondo –. Le galline razzolando mangiano insetti che altrimenti infesterebbero le piante e allo stesso tempo concimano». Quando si dice: “integrare i sistemi”.
Insomma, oggi Daniele applica la ricerca alla campagna, quella ricerca che, se avesse seguito il suo professore di Agraria, che lo voleva con sé negli Usa per un master di ricerca, avrebbe fatto solo sui libri. «La ricerca fine a se stessa mi avrebbe lasciato un vuoto», dice lui sinceramente convinto. «Poi anche se la nostra generazione si muove senza problemi per il mondo, anche io sono dell’idea che siamo tutti un po’ querce e abbiamo bisogno di piantarci da qualche parte», aggiunge Sara.
L’orto aperto
Passo passo, chiacchierando di poeti contadini alla Wendell Barry, di sistemi colturali di cui Daniele ama fare un mix prendendo il meglio di ogni tecnica, perché le etichette non gli piacciono e le considera riduttive, si arriva all’orto. Tremila metri quadrati circa di ortaggi al posto del seminativo della precedente gestione famigliare che è stato tolto, su 6,5 ettari di terreno aziendale, il resto è frutteto e vigna. «Adesso Sara mi rimprovera che la cassetta settimanale viene solo verde –scherza Daniele –, ma la stagione è questa e c’è verdura verde». Cavoli e cavolfiori di vario tipo, verze, finocchi, radicchi, bietole, cicorie, ma anche zucche, rape e qualche cosa di diverso ma oggi molto richiesto, come il topinambur e le radici di daikon. Ma anche carote, che semina in mezzo ai porri, così che gli insetti che le attaccherebbero se ne stanno alla larga. quando tornerà l’estate aumenterà anche la gamma dei colori. La coltivazione avviene con metodo biologico certificato. Ma la certificazione, come spesso accade, non dice tutto. Il resto lo racconta il contadini: «Io non tocco la terra con attrezzi meccanici, solo con un piccolo forcone o una zappa e pianto su letti permanenti. Poi so che i migliori certificatori saranno le papille gustative dei miei clienti». Una scelta radicale di rispetto del suolo, che Daniele e Sara amano condividere anche con chi vuole vedere coi propri occhi cosa accade prima che la verdura che mangerà arrivi nel suo piatto, ma che pure con i futuri contadini, perché qui le scuole agrarie della zona, Imola e Faenza, mandano in stage i loro studenti.
La cassetta settimanale
Da due anni, a ogni stagione il frutto di questo orto finisce in cassetta e settimanalmente se ne fanno due consegne, il mercoledì pomeriggio dalle 15 alle 20 e il sabato mattina dalle 9 alle 13. Sono 30/40 ogni volta, hanno un prezzo unico, 10 euro, e dentro c’è quello che l’ortolano ha pronto nel campo. «All’inizio non è stato semplice abituare i consumatori all’idea che non potevano scegliere ma dovevano adattarsi a quello che c’era –spiegano Daniele e Sara –. Poi è diventato via via più normale, a convincerli è stato il sapore delle nostre verdure, così ci dicono tutti. «Noi vendiamo qualcosa che non si conserva –spiegano Daniele e Sara – e se ci mettessimo a fare anche i mercati avremmo bisogno di magazzini, celle frigorifere… allora ci abbiamo pensato su e abbiamo deciso che la soluzione migliore fosse vendere sul venduto. Ovvero raccogliamo le prenotazioni settimanali e in base a quello raccogliamo quello che ci è stato richiesto. Così non abbiamo scarti e non abbiamo perdite, finiamo tutta la verdura che abbiamo raccolto e l’altra resta in campo se possibile per la seconda raccolta della settimana». Della cassetta si occupa Sara, che aggiunge anche le uova del pollaio-camper, e quelle finiscono sempre in fretta, e a richiesta la frutta che invece si vende a chilo. D’estate ci sono i frutti dell’orto: fragole e meloni in primis, per il resto delle stagioni ciliegie, di diverse varietà, poi susine, mele, pere, kiwi. «Con questo sistema capiamo cosa serve e progettiamo in base alle richieste di cui parliamo anche con i nostri clienti che ormai sono fidelizzati –spiega Daniele –. Io progetto dalla semina alla vendita, vivo tutta la vita di questo organismo complesso che è una azienda agricola che vuole rimanere all’interno di un sistema naturale». Da dicembre ad aprile questo orto a cielo aperto si ferma. Per il momento non vengono prodotti trasformati, a parte la passata di pomodoro in estate. Mentre la terra dorme, una volta Daniele e Sara viaggiavano. Oggi c’è Flora e con lei è un viaggio anche nell’aia di casa.
Per fare l’ordine della cassetta si prenota al 3290749407, oppure tramite la pagina Facebook di Podere Cimbalona.

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