Ravenna, l'opera di Sol Lewitt è un caso. Spadoni: "Ci vietò di esporla"

Secondo le volontà di Sol LeWitt, quell’opera non sarebbe mai più dovuta comparire in una mostra o all’interno di un museo. Anzi, per dirla tutta, “Wall Drawing #570” non dovrebbe proprio più esistere, cancellata da solide pennellate di vernice bianca e riproporla, oggi, secondo Claudio Spadoni vuol dire non aver compreso «la scelta concettuale» dell’artista. E questo nonostante l’autorizzazione della Fondazione. La storia ha infatti scritto un altro corso per quel lavoro immenso di dodici metri per tre, perché la richiesta di LeWitt – il cui desiderio, tranne rari casi, era che le sue opere venissero distrutte una volta terminate le mostre per le quali erano state pensate – non è stata esaudita e nel 1988, l’allora direttore della Loggetta Lombardesca, Bruno Bandini, scelse di rimuoverla dal muro e conservarla negli archivi, con la promessa solenne che non sarebbe mai più stata esposta, se non per espressa volontà di LeWitt (morto nel 2007 senza mai darne l’autorizzazione). Ora, però, quel lavoro dell’artista statunitense verrà nuovamente esposto nella sua interezza e l’occasione è stata ancora una volta colta, da parte di alcuni, per scatenare l’ennesima polemica tra passato e presente del Museo d’Arte di Ravenna. C’è chi, infatti, non ha perso l’occasione per sottolineare il fatto che quel wall drawing fosse presente nei depositi dal 1988, parlando quindi di imperdonabile dimenticanza da parte della gestione precedente del Mar.

L’intervento dell’ex direttore

Sentitosi punto nel vivo, Claudio Spadoni ha deciso di dire la sua. «Ho letto con grande stupore del riallestimento del lavoro che Sol LeWitt, artista minimalista-concettuale, fece realizzare dai suoi collaboratori in occasione della mostra “Viaggio in Italia” – scrive in una lettera –. La questione ha dei risvolti di una certa rilevanza. Per tassative disposizioni dell’artista il lavoro fatto eseguire per quella mostra ravennate avrebbe dovuto essere cancellato. Nel rispetto di quanto sapevo non ho mai pensato di riesumare quel lavoro, da intendere come intervento temporaneo, che LeWitt, appunto, voleva concettualmente “morto”. Che ora se ne ripropongano le spoglie fisiche significa non solo non rispettare le sue direttive, ma non averne nemmeno compreso la scelta concettuale».

La replica di Tarantino

A cercare di buttare acqua sul fuoco ci pensa l’attuale direttore del Mar, Maurizio Tarantino, che parte da un presupposto chiaro ma doveroso: «Alcune interpretazioni che parlano delle scelte fatte dalle gestioni passate sono del tutto sbagliate. Abbiamo controllato la documentazione presente nei nostri atti e siamo al corrente della volontà storica dell’artista, che fa parte del patrimonio dell’arte concettuale». Vedendo quella splendida opera, tuttavia, il direttore Tarantino ha preso una decisione, ossia quella di provare a darle una nuova valorizzazione dentro al Mar. «Sapevamo che l’opera avrebbe dovuto essere distrutta allora e sappiamo della lettera scritta da Bandini, anche se nei nostri archivi non ne abbiamo trovato copia, ma abbiamo comunque preso contatti con la Fondazione LeWitt e con la figlia dell’artista – dice il direttore – per poterla mostrare nuovamente al pubblico. L’esposizione, ci tengo a dirlo, è stata fatta col pieno accordo della fondazione – precisa Tarantino –. E nel percorso espositivo non mancheremo di far capire che l’esito del wall drawing sarebbe stato la sua cancellazione».

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