L'infettivologo ravennate: "Virus sconfitto dal caldo? Non è detto"

Ravenna


Dottor Paolo Bassi, un solo contagio ieri in provincia di Ravenna, nessuno nei due giorni precedenti. Il virus può dirsi sconfitto?

«No, no, no, no, no, no. Non esageriamo, a livello locale a Ravenna stiamo andando bene grazie al buon connubio che è stato fatto tra il lavoro in ospedale e quello sul territorio e anche grazie al comportamento della cittadinanza. Anche il non aver riaperto tutto subito dopo il lockdown è stato decisivo. Ma il covid-19 è ancora in circolazione».

I casi gravi però sono quasi scomparsi. Il coronavirus potrebbe aver perso efficacia?

«Non si può dire, sembra di sì, ma è una sensazione. E personalmente sono uno di quelli che non si fida molto delle sensazioni. Preferisco basarmi su elementi scientifici, sulle cose concrete, su quelle che conosciamo. E in queste settimane sicuramente siamo riusciti a capire qualcosa in più del covid-19. E’ un virus che non genera solo infezioni ma anche una serie di altre complicanze. Ecco, ritengo che sia stato possibile prevenire i casi più gravi proprio grazie alla comprensione degli effetti negativi secondari a distanza».

L’estate sarà di aiuto? Col caldo il virus sarà meno aggressivo come qualcuno ipotizza?

«Probabilmente in questo momento c’è una riduzione nella circolazione del covid-19, ma non bisogna dimenticare che i virus sono organismi viventi che mutano nel tempo e si adattano ai vari contesti. Quando l’epidemia è scoppiata in Cina, il contagio si è sviluppato anche in zone in cui c’erano 35° e condizioni di caldo umido, quindi non credo che i valori termici possano essere un fattore decisivo. Il fatto che apparentemente sia meno aggressivo penso sia più legato a una naturale riduzione della contagiosità del virus stesso. In un certo senso, il tempo lavora per noi. Ma ripeto, mi piace ragionare sui fatti. E in base a questi possiamo solo dirci certi che il coronavirus è ancora in giro».

La ripartenza, il ritorno al lavoro, nei negozi, in spiaggia, ritiene possa far ripartire i contagi?

«E’ presto per dirlo ora. Considerando le due settimane di incubazione e le riaperture previste dal 18 maggio, lo sapremo tra la fine del mese e l’inizio di giugno. L’allentamento delle misure a partire dal 4 maggio non ha inciso più di tanto sulle abitudini e sull’attenzione. La gente ha ancora negli occhi, nel cuore, nella mente quello che ha passato e per ora ha mantenuto alta la guardia, muovendosi con cautela. E’ inevitabile però che col passare del tempo e l’aumento degli spostamenti certi meccanismi possano venire meno. Ma non devono venire meno. Per questo è importante continuare a comportarci come abbiamo fatto finora. Ovvero mantenendo il distanziamento, lavando spesso le mani e indossando la mascherina. Che va portata anche sul naso, altrimenti non serve. Purtroppo in giro si iniziano a vedere molte persone che non la indossano correttamente».

Un assist al virus…con l’avvio della stagione turistica si rischia ancora di più?

«Dipende dalla responsabilità delle persone, dal loro atteggiamento. Mi aspetto che chi proviene da zone in cui il contagio è stato maggiore, anche se viene qui in vacanza lo faccia mantenendo la dovuta attenzione, che stia attento. Non dobbiamo vivere nel terrore, ma rimanere vigili».

Ma come medici vi aspettate una nuova ondata, come molti prevedono per l’autunno?

«Per quanto riguarda il mio reparto, abbiamo già programmato le precauzioni da adottare. Ripeto, in questi mesi abbiamo conosciuto meglio il virus, abbiamo capito qualcosa di cosa funziona e di cosa non funziona. Per il ritorno del virus in futuro siamo nel campo della “fantamedicina”. Impossibile prevedere se e quando ci sarà una nuova ondata, chi lo dice con sicurezza è un ciarlatano. Ogni virus fa storia a sé».

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