L'incontro tra Paz e Fellini per "La città delle donne"

RIMINI. Tra pochi giorni Andrea Pazienza avrebbe compiuto 64 anni. Ne aveva invece appena 24 quando, quarant’anni fa, fu chiamato a disegnare il manifesto promozionale per il lancio mondiale del film “La città delle donne” di Federico Fellini (uscito in Italia il 28 marzo 1980, il 19 maggio fu presentato fuori concorso a Cannes). Andrea Pazienza, nato il 23 maggio del 1956, scomparso il 16 giugno del 1988 a Montepulciano (Siena), dove si era trasferito da qualche anno e dove viveva con la moglie Marina Comandini, è stato e resta un grande genio dell’arte del fumetto.
E non poteva non incrociare la strada di un Federico Fellini che in più occasioni della propria vita aveva dimostrato grande curiosità e attenzione nei confronti delle giovani generazioni, in ambito cinematografico ma anche delle altre arti visive, in quello letterario.
La prima volta
Il primo incontro, di tipo professionale, tra Federico Fellini e il giovane disegnatore e fumettista non produsse in realtà grandi “scintille”. Quel manifesto realizzato per “La città delle donne”, non aveva soddisfatto a quanto pare nessuno dei due.
«Sono d’accordo con Fellini quando dice che sembra il manifesto di una parrucchiera» disse Pazienza in una intervista. Ma poi… sarà pur apparso poco convincente all’epoca, quel disegno, rispetto alle caratteristiche della committenza, ma a guardarlo oggi rivela comunque una potenza, un’aura, che testimoniano della forza creativa del grande artista, ideatore di personaggi – da Pentothal a Zanardi a Pompeo – e storie che hanno lasciato il segno tra i suoi contemporanei e che continuano ad affascinare ancora oggi.
Per il manifesto de “La città delle donne” di Fellini c’erano state diverse prove, diversi disegni, ma nessuno convincente. Fino a quando Paz se ne uscì con il disegno di una donna dalla folta chioma. La sua “genesi” testimonia di quella particolare “estasi” creativa che muoveva il genio ribelle Paz, autentico innovatore, creatore di linguaggi.
Un caso fortuito
L’ispirazione arrivò per caso, come spesso accade: Pazienza era nella “sua” Bologna (città d’adozione, dove si era iscritto al Dams), su un autobus, in realtà pronto «a mollare tutto, anche perché stavo perdendo tempo. Poi mi voltai e vidi una ragazza che aveva il sole che le batteva sul naso e sulla bocca ma che le lasciava in ombra gli occhi. Era un sole radente, lei una ragazza bruna, le aggiunsi un orecchino». E così eccola nascere questa “donna con l’orecchino” poi lanciata dalla campagna che la Gaumont, la casa di produzione del film, fece a livello mondiale.
All’epoca del manifesto il “fenomeno” Andrea Pazienza era già esploso: nel 1977 aveva infatti pubblicato per la rivista Alter Alter “Le straordinarie avventure di Pentothal” ed era diventato il punto di riferimento del Movimento studentesco bolognese che si riconobbe in quelle tavole. Era entrato a far parte della rivista Cannibale (in seguito vengono le esperienze con Fridgidaire e Il Male) e l’attività di fumettista era diventata sempre più il centro della sua vita.
Vide il poster a New York
«Andrea prima di pubblicare il manifesto de “La città delle donne” non aveva mai incontrato Fellini, lo ha incontrato dopo» racconta Mauro Paganelli, titolare delle Edizioni del Grifo, nonché amico sia di Pazienza («fui testimone di nozze») che di Federico Fellini. «Andrea vide per la prima volta il manifesto da lui disegnato per caso, a New York – rivela oggi Paganelli –. Arrivò a Times Square e si trovò inaspettatamente davanti alla gigantografia del manifesto del film. Lui, dopo avere consegnato il disegno alla produzione, non ne aveva più saputo nulla, per cui fu una sorpresa vedere in pieno centro a New York un proprio lavoro, con quelle dimensioni».
Fellini, dal canto suo, si rivelò soprattutto negli anni a venire «molto legato a Pazienza – continua l’editore –. Lo incuriosiva e poi fu colpito dalla sua morte prematura: quando veniva a trovarmi qua in Toscana, dove veniva, come è noto, alle Terme di Chianciano, entrava spesso in argomento. Volle anche vedere dove viveva, nella casa nei pressi di Montepulciano, e venne anche all’inaugurazione di una mostra su “Le favole”, e anche a Roma con Vincenzo Mollica».
La seconda volta
Andrea Pazienza, dopo il manifesto per “La città delle donne”, si occupò ancora di Fellini. Lo fece su richiesta di Vincenzo Mollica che, nel 1984, aveva ideato la mostra “Il fumetto e il cinema di Fellini” che fu allestita ad Ascona, in Svizzera, contestualmente al Festival di Locarno. Il relativo catalogo era stato pubblicato dalle Edizioni del Grifo. «Realizzò un paio di ritratti» spiega ancora Paganelli. Uno di questi, raffigura un Fellini di profilo, immerso in un paesaggio di nuvole e vogliose labbra rosse. L’immagine fu pubblicata nella quarta di copertina del catalogo.
Nella sua biblioteca
Le “affinità elettive” tra i due sono testimoniate anche dai “libri di casa” di Fellini. Facevano infatti parte della biblioteca del maestro riminese – come si legge nel volume pubblicato nel 2009 dall’allora Fondazione Fellini “I libri di casa mia. La biblioteca di Fellini in mostra”, a cura di Oriana Maroni e Giuseppe Ricci – almeno due volumi di Andrea Pazienza: “Il libro rosso del male” (1991) e “Sturiellet” (1989).

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