L’equipaggio della nave di Cesenatico affondata a Ravenna: “Un incubo, ma stiamo tutti bene”

«Non possiamo parlare della dinamica dell’incidente, non prima di aver riferito ogni cosa alla Capitaneria di Porto. Ma quello che posso dire è che ci ha salvato soltanto dio».
È al telefono il 50enne Kaled Khayat, capitano ed armatore della Lugarain. Malgrado la terrificante avventura vissuta nella notte ha mille pratiche da sbrigare e difficilmente rientrerà a casa prima del tardo pomeriggio. Abita in Romagna dagli anni ‘90.
In casa ci sono tre generazioni di Khayat: tunisini di origine dal doppio passaporto (anche italiano) i meno giovani, italiani i più giovani. Tra cui il figlio Rabii Khayat che, anche rispettando il diktat di non entrare nei dettagli dell’accaduto, riesce a descrivere benissimo la sensazione di essere sul punto di perdere la vita: «È stato un incubo – spiega con un garbo che stride con gli occhi segnati dal sonno e dalla fatica – Stavamo pescando e non credo proprio che nessuno nell’altra barca si sia accorto di cosa stava succedendo, se non molto dopo l’impatto».


L’urto è stato forte e le assi del Lugarain si sono “aperte”.
«Siamo riusciti a salire sull’altra imbarcazione e a salvarci la vita. Nella sfortuna di ciò che è accaduto almeno stiamo tutti bene. Abbiamo provato anche a trascinare la nostra imbarcazione. Legandola con una cima e provando a trattenerla una volta saliti a bordo dell’altra nave. Il peschereccio non è affondato subito. Ma quando ormai fuori dall’acqua ne restava davvero poco ci hanno intimato di lasciarla andare. Siamo salvi ma è stato davvero un incubo terribile».
Cinque le persone a bordo della Lugarain al momento dell’incidente. El Habib Ennabati è l’unico pescatore di origini marocchine, anche lui abita in Romagna da tempo. Gli altri sono tutti componenti della famiglia Khayat: oltre al capitano Kaled ed al figlio Radii c’erano Mohamed e Habib. Volti noti a Cesenatico anche se, in Romagna, valgono molto più i soprannomi per riconoscere le persone. Così tra i componenti di questa famiglia c’è chi è conosciuto come “Pippo” e c’è chi dagli amici viene chiamato “Franceschino”.


Una famiglia che in maniera oltremodo drammatica era salita alle cronache anche nel giugno 2008.
Quando il piccolo Rayen Khayat, appena 4 anni, figlio dell’armatore, mentre era a casa di uno zio a Bagnarola, morì investito da un’auto sulla via Cesenatico.
Per i proprietari della Lugarain, adesso , si apre una fase delicatissima. Khayat Kaled in fondo al mare al largo di Ravenna, ha tutta la sua vita lavorativa. Arrivato a Cesenatico negli anni ’90 da pescatore era diventato socio di un romagnolo per un’altra imbarcazione. Poi era riuscito a comprare la Lugarain che dava da vivere a lavorare a lui e a tante famiglie. Una barca di 24 metri da pesca di quel tipo, tra fasciame per costruirla e potenti motori per muoverla, se ricomprata nuova può costare oltre un milione di euro. Serve poi finanziare il recupero della nave affondata: che almeno fin quando un’inchiesta e un processo non definiranno le dinamiche dell’affondamento è normalmente un onere economico a carico della proprietà della barca. Drammi economici, dunque, che si uniscono all’incubo vissuto al largo.

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