L'arte che "vide" Dante in mostra a Ravenna
Quali opere ha visto Dante in giro per l’Italia negli anni del suo esilio? Quali artisti hanno influenzato il suo immaginario, e di conseguenza quello trasferito nelle sue opere, a partire dalla Divina Commedia?
A queste domande tenta di rispondere la mostra Dante. Gli occhi e la mente. Le arti al tempo dell’esilio, organizzata dall’assessorato alla Cultura del Comune di Ravenna e dal Mar, visitabile dall’8 maggio al 4 luglio nella ex chiesa camaldolese di San Romualdo, attigua alla Biblioteca Classense. Scrive infatti il curatore, Massimo Medica, direttore dei Musei civici d’arte antica di Bologna, che «nell’affrontare la figura di Dante più volte ci si è interrogati sul particolare ruolo che l’esperienza visiva poté avere nella concezione delle sue opere», sottolineando come molti studiosi abbiano notato «la capacità del poeta di pensare direttamente per immagini, attingendo, soprattutto nella Commedia, a un repertorio che certamente doveva comprendere anche le esperienze figurative».
Le ossa salvate
La mostra testimonia del lavoro che le istituzioni culturali hanno portato avanti anche durante i lunghi mesi di chiusura al pubblico, come ha sottolineato il sindaco Michele De Pascale: «Mi hanno fatto pensare a quei ravennati che, durante la Seconda guerra mondiale, hanno tolto le ossa dalla tomba di Dante per proteggerle: questa è una città in cui la cultura è considerata essenziale per la vita delle persone».Il giglio fiorentino
La mostra si apre, più che simbolicamente, con una lastra in marmo che reca scolpito il giglio fiorentino, simbolo non solo di una città ma dell’intero movimento culturale che, a partire dal Duecento, ha trovato piena espressione, non solo a Firenze ma nell’Italia intera, nel Rinascimento. Attraverso alcuni importantissimi codici miniati, si incontrano subito i due grandi protagonisti dell’arte italiana fra il Due e Trecento: Cimabue e Giotto. E fra le opere spicca imponente, non solo per le dimensioni, il “Polittico di Badia”, di Giotto di Bondone: una grande tavola proveniente dalla chiesa di Badia (oggi conservato agli Uffizi), a pochi passi dalla casa degli Alighieri, che rivoluziona con maestria lo stile dell’epoca, introducendo una forte componente architettonica con funzione illusionistica, a tracciare una sorta di porticato attraverso il quale si affacciano le figure dei santi e della Madonna con Bambino.La messa al bando
Proseguendo, lungo la scansione spaziale che accompagna il visitatore sui passi di Dante esule, si incontra la figura di Bonifacio VIII, il papa che fu all’origine stessa della messa al bando di Dante da Firenze: a San Romualdo è possibile ammirare il calco del busto scolpito da Arnolfo di Cambio e conservato alla Fabbrica di San Pietro in Vaticano.La Madonna in trono
L’arrivo nella Ravenna di Guido Novello da Polenta, all’incirca nel 1219, è segnato dalla meravigliosa Madonna in trono con bambino, in prestito dal Louvre, proveniente dalla prima sepoltura di Dante, nella cappella attigua al chiostro di San Francesco. Il pregiato altorilievo ha vegliato per secoli sulla tomba del poeta, probabilmente fino alla demolizione della cappella per fare posto al mausoleo progettato da Camillo Morigia. Acquistata da un collezionista francese a metà dell’Ottocento, fu poi donata al museo parigino dove è tuttora esposta.I mosaici e le stelle
Tuttavia, pensando all’arte che può avere influenzato l’immaginario di Dante, non si può non fare menzione dei mosaici dei monumenti paleocristiani che il poeta ha sicuramente visitato negli anni ravennati. «Forse anche perché abbacinato da quegli astri – scrivono Sebastiana Nobili e Laura Pasquini nel loro saggio “Dante e le fonti, fra testi e immagini”, incluso nel catalogo della mostra – certo per la luce di speranza che essi rappresentano, nella Commedia come nel mosaico bizantino, Dante volle collocare proprio le “stelle” a chiosa dell’ultimo verso di ogni cantica e dunque del poema intero».Aprirà l’incontro Marco Martinelli che reciterà il canto XI del Purgatorio.