«L’evolversi della crisi idrogeologica sta minacciando il futuro dell’Appennino romagnolo, compresi gli insediamenti e le attività che ancora resistono al progressivo spopolamento». E’ il nuovo monito lanciato da Francesco Tassinari, sindaco di Dovadola e presidente dell’Unione dei Comuni della Romagna Forlivese, e sottoscritto anche dal vicepresidente del consiglio dell’Unione, Rodolfo Galeotti, attraverso una lettera inviata alla Prefettura di Forlì-Cesena, al presidente della giunta regionale, alla Presidenza del Consiglio dei Ministri e al Presidente della Provincia di Forlì-Cesena. «Prima che si spengano i riflettori sull’immediata emergenza, il nostro territorio deve essere necessariamente indicato come oggetto prioritario di intervento – scrivono Tassinari e Galeotti -. Le ferite già aperte nel terreno da una piovosità anomala come quella che c’è stata, con due eventi successivi il 2 e 3 maggio e ancora il 16 e 17 maggio, potrebbero allagarsi ulteriormente, fino a diventare irrecuperabili se non si intervenisse con estrema urgenza». La paura, quindi, è quella di vedere l’Appennino spegnersi piano piano. «L’incredibile numero di movimenti franosi ancora in atto stanno aggravando la precarietà esistente, spingendo il nostro territorio verso esiti di collasso – è l’allarme lanciato -. Estesi versanti erosi, carichi di masse terrose e detriti instabili, assieme a movimenti non assetati che incombono su strade, abitazioni, fabbricati e terreni agricoli, non lasciano presagire alcuna possibilità di affrontare in queste condizioni la prossima stagione autunno-inverno, così come altri periodi di prolungata instabilità meteorologica». Che cosa fare quindi? «L’Appennino deve diventare l’area strategica da cui ripartire, immediatamente, con un piano straordinario di bonifica e messa in sicurezza di tutto il territorio, avendo coscienza che, se le zone montane dovessero subire un’ulteriore fuga di attività e insediamenti, questo significherebbe un impatto gravissimo per la sopravvivenza di tutti i comuni dell’area appenninica e con essi la manutenzione del territorio che presidiano». Tassinari e Galeotti sono chiari: «E’ necessario un aiuto istituzionale deciso, cospicuo e soprattutto rapido, per gli abitanti, per le attività agricole e produttive dell’Appennino, allo scopo di ripristinare gli accessi, i drenaggi, le reti di scolo e di contenimento. È evidente che, se lasciati soli, a fronte delle attuali prospettive di forte riduzione del reddito agricolo, gli agricoltori non avrebbero alcuna possibilità di un recupero autonomo soddisfacente delle condizioni morfologiche precedenti. Altrettanto prioritario è l’intervento sulle vie di comunicazione che hanno subìto devastanti dissesti. Non è pensabile che i soli Comuni possano farsi carico del ripristino di una rete viaria tanto vasta quanto vitale, oggi dilaniata e in gran parte impraticabile, al punto da escludere molti cittadini e aziende dall’uso delle proprie abitazioni e dei luoghi di lavoro. Salvare l’Appennino, le sue strade e i suoi Comuni è dunque di vitale importanza per tutta l’Emilia-Romagna, per i flussi turistici che esso attrae e per la produzione di materie prime di cui potremmo continuare ad usufruire solo salvaguardando il territorio».

L’Appennino forlivese allo stremo: “Aiutateci o non ci sarà futuro”
