L'allarme dello psichiatra: «Le droghe tengono in ostaggio Rimini»

Rimini

«Eroina e cocaina tengono ancora in ostaggio Rimini. Ma la città fa finta di nulla. Purtroppo è venuta a mancare quell’attenzione sociale fondamentale per combattere questa terribile piaga».

È andato in pensione poco più di un anno fa il dottor Leonardo Montecchi, psichiatra presso il Sert, ma il mondo delle dipendenze non lo ha abbandonato. Oggi, come ieri, coordina il gruppo lavoro della comunità terapeutica di Vallecchio, costola della cooperativa Cento Fiori di cui, proprio in questi giorni, si festeggia il quarantennale e della quale è stato uno dei fondatori.

Dottore, quindi il problema droga è ancora così drammatico?

«Certo! E l’emergenza pandemica, legata al Covid-19, non ha fatto altro che peggiorare la situazione. L’attenzione si è spostata, e si è canalizzata, su questo versante, lasciando in disparte una piaga che non ha mai smesso di portare dolore e disperazione. Occorre che la città si assuma al più presto le proprie responsabilità e torni a focalizzare l’attenzione su questo grave problema, proprio come accadde alla fine degli anni Settanta, inizio anni Ottanta».

Anni in cui lei, e i suoi colleghi del Centro medico di assistenza sociale, aveste un ruolo fondamentale.

«Come Cmas ci eravamo accorti che il numero di tossicodipendenti stava aumentando in maniera esponenziale. Ogni giorno arrivavano decine e decine di uomini e donne. Per lo più giovani. Erano gli anni in cui l’eroina riempiva strade e piazze. Ci si bucava con estrema facilità e si moriva con altrettanta facilità. Rimini non si rendeva conto di cosa stava succedendo. O meglio, voleva credersi un’isola felice, coltivare lo stereotipo della città tranquilla, funzionale alla vendita del prodotto turistico. Un fare finta di nulla che stava portando a un’assuefazione anche dell’opinione pubblica. Proprio per questo insieme a Sergio Semprini Cesari e Massimo Ferrari decidemmo di fare qualcosa. Non potevamo subire quella situazione così drammatica in maniera passiva».

E cosa avete fatto?

«Insieme ai ragazzi che seguivamo, ai loro genitori, a tutti gli operatori del Cmas abbiamo organizzato una grande manifestazione di piazza. Coinvolgemmo anche partiti politici, parrocchie, giornali, radio. Realizzammo un volantino dove lo slogan principale era “Lotta di massa, l’eroina non passa”. Volevamo che la città capisse che c’era un problema e che lo si doveva affrontare subito. Non si poteva più aspettare. Alla manifestazione si presentarono in oltre 5.000 persone. Si creò così un movimento che spinse per cercare soluzioni al problema diverse da quelle già esistenti, ossia la comunità Papa Giovanni e San Patrignano».

 

 

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