Juve-Inter a porte chiuse. Salta la trasferta di un tifoso ravennate per il coronavirus

Ravenna

RAVENNA. E’ la partita che nessun juventino vorrebbe perdere sul campo. E nel caso di Lorenzo Fiammenghi, quella che non vorrebbe perdere neppure dal vivo.
Ma a causa dell’emergenza coronavirus il 27enne ravennate non potrà assistere alla sfida come sempre dalla curva; la partita tra Juve e Inter in programma domenica sera si giocherà infatti a porte chiuse, come spiegato dal prefetto di Torino, sulla base del decreto governativo adottato per arginare la diffusione del contagio.

Cambio di programma
«Mi ero già organizzato da tempo con gli amici, ci saremmo dovuti vedere direttamente allo stadio – racconta il giovane che, ironia della sorte, da due anni e mezzo vive per lavoro a Milano, covo del tifo antibianconero e capoluogo di quella Lombardia dove si è diffuso il contagio –. Avevo anche prenotato i biglietti del treno. Per quelli fortunatamente potrò richiedere il rimborso, per la partita mancata purtroppo no, ma essendo abbonato va detto che il “danno” economico è tutto sommato contenuto».

Dallo stadio alla tv
Lorenzo si perderà dunque l’attesissima sfida scudetto con i rivali di sempre, il ritorno di Antonio Conte allo Juventus Stadium da avversario, la gara che segnerà in un modo o nell’altro uno spartiacque nella stagione sin qui balbettante dei bianconeri di Maurizio Sarri. E si dovrà accontentare di vederla in tv.

Smart working a Milano
Un’anomalia, quella della partita con gli spalti vuoti sullo sfondo, che si somma all’insolita clima che si respira a Milano. «In questi giorni in effetti non è la solita città – racconta –. Per lavoro (il 27enne è consulente in campo bancario, ndr) sono abituato allo smart working e personalmente non ho modificato le mie abitudini, recandomi regolarmente in ufficio, anche perché ho la possibilità di muovermi con la mia auto evitando di prendere la metropolitana, ma molti colleghi hanno preferito lavorare da casa. L’azienda infatti ha dato a tutti i dipendenti la possibilità di scegliere e la maggior parte ha optato per operare da remoto: basti dire – conclude – che dei 70 lavoratori abituali in questi giorni solo 7 hanno continuato a venire in sede».

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