Quella della birra artigianale romagnola è una filiera che va oltre le mode da una quindicina d’anni. Etichette e protagonisti, storici e nuovi del movimento

Itinerari

Quella della birra artigianale in Emilia-Romagna è una filiera in fermento e consapevole già da oltre una quindicina d’anni. Ora anche la Regione se ne è resa conto e con una legge ad hoc appena votata punta a stanziare qualche risorsa (si parla di 200mila euro) per la formazione degli operatori, la creazione di un registro dei micro-birrifici, il sostegno alla divulgazione delle tecniche di produzione, lo sviluppo dell’associazionismo e della cooperazione tra birrifici e imprese agricole, informazione al consumatore, ricerca su orzi, dei luppoli, malti in particolare locali. Azioni che i microbirrifici romagnoli da tempo hanno messo in campo. Che la birra artigianale non sia ormai più da considerarsi solo una moda è un dato di fatto. E’ vero che etichette nascono e spariscono anche nel giro di pochi anni, ma c’è chi è partito nella prima decade del 2000 e c’è ancora. Il portale microbirrifici.org, ad oggi il più aggiornato su scala nazionale, in Romagna colloca una trentina di microbirrifici artigianali attivi. Un movimento cominciato in montagna, con l’esperienza di Birrificio Valsenio di Davide Finoia che ancora continua una attività intensa di produzione dalla sua pils sempreverde Vals (nel tempo anche “bio” e senza glutine) all’affumicata 8bre, e alla american ale Redneck. Movimento divenuto “agricolo” ovvero con produzione in loco degli ingredienti , orzo e luppolo, in primis in quel di Solarolo con La Mata di Marco Tamba che ancora oggi produce alcune etichette iconiche della Romagna Dora, Lova, Myale. Se loro sono in un certo senso i capostipiti, il movimento ha già molti altri punti di riferimento cresciuti nel tempo. Sempre in altitudine, sfrutta l’acqua di Ridracoli Mazapegul, che ha scelto per nome quello del dispettoso folletto del folclore locale, di Civitella di Romagna, con un punto ristoro molto frequentato anche da tutta la clientela di città. Dalla collina al centro Bifor in piazza Cavour sempre a Forlì è oggi molto conosciuta. Secondo una modalità molto utilizzata dalle origini, spesso i microbirrifici sono “itineranti”, ovvero “beerfirm” vale a dire che con una propria ricetta originale le birre vengono però realizzate servendoci di impianti di terzi. E’ il caso ad esempio della predappiese Malti e bassi che si appoggia proprio a Mazapegul. Altro marchio cresciuto in poco tempo è quello di “Mari alti”, birrificio agricolo in quel di Cesena; qui si coltiva in proprio l’orzo, con metodo biologico, e si utilizzano luppoli locali. Il legame con il territorio si concretizza anche nelle “speziature”, un esempio: la peach ale “Tci béla” ottenuta con l’infusione della pesca “Bella di Cesena”, attempata varietà a polpa bianca. Da Cesena al mare il passo è breve e c’è tutta un’onda lunga di microbirrifici esplosi nell’ultimo lustro fra la costa ravennate e quella riccionese. Nel paesaggio post industriale del porto di Ravenna ha aperto nel 2019 Darsenale, con l’impianto di produzione a vista della Birra Bizantina, nata nel 2013 itinerante e ora di casa in darsena. E’ prassi ogni due lunedì aprire le porte del birrificio per un tour guidato dal mastro birraio che si conclude regolarmente al bancone. Fra gli ultimi nati e certamente sulla cresta dell’onda è il birrificio Bajon di Porto Corsini, unico birrificio in tutta la Romagna ad esser stato inserito tra i migliori 50 birrifici da “Fermento birra”. Fra la pialassa, da cui mutua il nome, alla spiaggia Simone Bedeschi dal 2020 “sforna” una birra meglio dell’altra (e per il luppolo fiore si appoggia a Italian Hops company di Rimini che lo produce dal 2014) dalla pils più fresca alla corposa e affumicata Fulezna, che propone alla vendita anche in lattina sigillata al momento, o che spina in accompagnamento alla proposta di hambuerger, american BBQ e pizza nel ristorante annesso ai locali di produzione nel cuore della picola località balneare ravennate.

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