E’ un’immensa distesa dorata ordinata e tranquilla di grano quella in cui, km dopo km, ci immergiamo. Eppure, senza l’intervento dell’uomo, qui ci sarebbe solo acqua. Siamo nella terra della Grande Bonifica ferrarese, un luogo dove l’ingegneria idraulica ha strappato il terreno alle acque dei fiumi e del mare grazie a una fitta rete di canali, costruiti con pendenze minime studiate alla perfezione, drena i campi e convoglia l’acqua verso le idrovore.
Sono queste le macchine che tengono in piedi l’intero sistema. Impianti costruiti per lo più tra la fine dell’Ottocento e l’inizio del Novecento, che ogni anno sollevano milioni di metri cubi d’acqua per riversarli nei fiumi e da lì, finalmente, in mare. Il dato che colpisce è che il 44% del territorio su cui stiamo viaggiando in moto si trova sotto il livello del mare. Senza queste pompe, sarebbe tutto sommerso come lo è stato per millenni prima dell’arrivo di queste macchine a vapore,
Ferrara nata dall’acqua
Si parte da Ferrara, dal suo castello con il fossato colmo d’acqua. Non è un elemento decorativo, ma la prima prova di come tutta la zona sia un reticolo idrico vivente, con oltre 4.000 km di canali. La città è nata sul Po nel 753 d.C., proprio nel punto in cui il fiume si divideva in due rami: il Po di Volano e il Po di Primaro. La storia è nota, Ferrara e il Po, un rapporto indissolubile almeno fino a quando il ramo principale del fiume che scorreva sotto le mura meridionali della città prese a correre più a nord facendo perdere alla città il suo ruolo strategico lungo una delle vie principali dei commerci tra l’Adriatico e la pianura padana e, continuando a risalire il corso del fiume, da qui fino alle Alpi. Del resto è la stessa città che proprio sulle sponde del fiume è nata e cresciuta fino a diventare con gli estensi una delle città più importanti del rinascimento italiano.
Il Castello Estense, la Cattedrale di San Giorgio, il Palazzo dei Diamanti, il Palazzo Schifanoia e gli affreschi del Salone dei Mesi, la via delle Volte sono solo le testimonianze più alte, senza dimenticare il Museo archeologico nazionale, che conserva mirabilmente i preziosi resti etruschi di Spina, o i nove mirabili km di mura che la circondano.
L’idrovora di Cona
Prendiamo la strada che costeggia il Volano, diretti a vedere da vicino gli impianti che hanno reso possibile tutto questo. In pochi minuti si raggiunge l’impianto idrovoro di Sant’Antonino, nel borgo di Cona. Entrare (le visite si prenotano sul sito della bonifica) significa fare un salto nel 1926. Le tre pompe centrifughe originali sono ancora lì, funzionanti, e possono movimentare fino a 1.750 litri d’acqua al secondo. I grandi motori elettrici, originali dell’epoca, ronzano in modo rassicurante. Solo dal 2011 è stato affiancato da un nuovo impianto più moderno.
A sette chilometri c’è Baura, che ha un altro primato: è la prima idrovora costruita in provincia, ai tempi dello Stato Pontificio. I suoi motori a vapore, con le caratteristiche “ruote a schiaffo”, furono usati per prosciugare i fossati di Ferrara e bonificare i terreni a est della città. Fu l’inizio della bonifica meccanica, che ha trasformato per sempre questa parte d’Italia.
Tresigallo metafisica
Lasciate le idrovore, si segue il corso del Volano. Dopo una serie di piccoli borghi rurali, appare Tresigallo. L’impatto è sorprendente. È un esempio unico di città costruita ex-novo durante il periodo razionalista. Guidarci attraverso in moto fa sentire in un set cinematografico d’epoca. L’eleganza geometrica degli edifici, molti dei quali restaurati, racconta un sogno urbanistico degli anni ‘30.
Il complesso di Codigoro
Proseguendo si arriva a Codigoro, dove sorge uno dei complessi idrovori più importanti d’Europa. Cinque impianti lavorano insieme e, quando serve, possono sollevare oltre 140 metri cubi d’acqua al secondo, innalzandola di cinque metri per immetterla nel fiume. Siamo nel punto più basso di tutto il territorio, il vero campo di battaglia della bonifica.
Qui, sulla riva del fiume, un monumento ricorda i veri protagonisti di questa storia: gli scariolanti. Uomini che con carriole e pale hanno scavato i primi canali e costruito gli argini, molto prima dell’avvento delle macchine.
Il Delta e i ponti di barche
Deviando verso il mare, si segue il ramo del Po di Goro. Si passa davanti al Castello di Mesola, che sembra più una residenza di caccia che un fortilizio, e alla Chiavica dell’Abate, un’antica opera di regolazione con le sue porte vinciane.
A Goro, una breve deviazione porta a un’attrazione unica: il ponte di barche. È una struttura galleggiante in legno che collega Gorino Veneto a Gorino Ferrarese. Attraversarlo a bassa velocità, con il rumore caratteristico delle assi sotto le ruote, è un’esperienza da fare. È uno dei tre ponti di barche ancora esistenti nel Delta del Po ed è da qui che, durante la bella stagione, è possibile imbarcarsi per raggiungere l’isola che, sormontata da un faro, per la sua romantica bellezza è stata chiamata “L’isola dell’amore”.
Comacchio e le sue valli
Il viaggio prosegue verso Comacchio, la “piccola Venezia” costruita su tredici isolotti. I suoi canali, il Trepponti e l’antica Manifattura dei Marinati (dove ancora oggi si lavorano le anguille) sono il cuore della città. Nei dintorni, negli anni ‘20, le bonifiche portarono alla luce una sorpresa: la necropoli dell’antica città etrusca di Spina, i cui ricchi reperti sono oggi esposti nei musei di Ferrara e Comacchio.
Come noto gran parte del preziosissimo patrimonio storico e archeologico della città etrusca di Spina, emerso nelle 4.000 tombe durante campagne di scavo dei primi anni ’50 nelle valli di Trebba e di Pega, sono custodite e in mostra nelle sale del Museo archeologico nazionale di Ferrara ma è uno spettacolo il nuovo museo recentemente rinnovato proprio a Comacchio in occasione del centesimo anniversario della scoperta di Spina. Nelle sale del Museo Delta Antico è la narrazione della storia della città, dalla fondazione sull’antico corso del Po fino alla sua scomparsa nel mito, il filo conduttore di una storia magnifica ed esaltante.
Tra storia e tecnologia
L’ultima tappa è l’Idrovora di Saiarino, presso Argenta. Inaugurata nel 1925, è ancora operativa e ospita anche il Museo della Bonifica. All’interno si capisce la complessità del sistema: non solo pompe, ma una rete di canali, chiuse e casse di espansione che lavorano in sincronia.
Il ritorno a Ferrara segue l’antico letto del Po di Primaro. La strada provinciale 7 ne ricalca le anse, passando per una serie di piccoli centri, fino a quando, alla periferia della città, le acque del Primaro si ricongiungono con quelle del Volano, il fiume da cui era iniziato il nostro viaggio. Un cerchio che si chiude, in un territorio che ha fatto della sua lotta contro l’acqua la sua stessa ragione di esistere.