Sant'Agata Feltria, isolati dopo la frana per giorni con due bambini

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Isolati dal mondo per 8 giorni e due compleanni. È la sorte toccata alla famiglia della 33enne Debora Peruzzi, formata da due bambini e dal marito, Nicholas Piscaglia di 37 anni. La frana di martedì scorso ha tagliato fuori dalle vie di comunicazione, la frazione santagatese di Rosciano, dove abitano e dove hanno deciso di restare per tutelare le due aziende agricole di famiglia, gli allevamento di bovini e ovini e l’agriturismo “La sequoia”. Un casolare di 4 camere. con una quarantina di coperti nell’annesso ristorante, che prende il nome dalla gigantesca pianta australiana ricevuta in dono dal nonno. Nonno che, a lungo emigrato presso Forlì Cesena, la piantumò una volta tornato nel paese di origine negli anni Settanta. L’odissea del borgo è finita mercoledì quando la strada per Rosciano, 13 abitanti in tutto, di cui 11 residenti, è stata riaperta.

Debora, perché siete rimasti?

«Per tutelare i nostri animali e il lavoro di intere generazioni. Premetto che le nostre case non erano pericolanti e che non siamo dei temerari, tanto più avendo due bambini piccoli, uno di 10 mesi e l’altra di 6 anni. Detto questo, poteva capitare qualsiasi cosa, e non ce la siamo sentita di abbandonare i nostri animali al loro destino. Molti erano al pascolo e c’erano dei parti imminenti da seguire. Ma ripeto: non è stata una decisione presa a cuor leggero. Mia madre alleva una ventina di bovini, ricavandone formaggio ad uso familiare e per l’agriturismo che mette in tavola solo i nostri prodotti. La mia azienda ingloba 20 ovini. All’indomani della frana, i soccorritori sono venuti a bussarci sbandierando il protocollo che prevedeva l’evacuazione ma nessuno ha accettato, sebbene ci garantissero un passaggio giornaliero per nutrire il bestiame. Ringraziamo il sindaco Goffredo Polidori che si è battuto per noi, assumendosi la responsabilità di farci restare».

Quali i danni?

«Sono andati in fumo 60 ettari di erba medica, piantata in base alla rotazione agraria. Mia madre ed io abbiamo due aziende agricole distinte. Se fosse stato il turno del grano, sarebbe andata peggio. Già l'anno scorso ho perso il raccolto per il principio di quella frana che quest’anno ci ha inferto il colpo di grazia. Abbiamo già inviato le foto alla Confederazione italiana agricoltori, che ci ha chiesto un resoconto dei danni, per avere sostegno dal governo. Scatti drammatici che mostrano bolle di terra affiorare a tratti dal fango».

Come si gestiscono due bambini in un’emergenza?

«A dirla tutta non è ancora finita, perché il pulmino per la scuola dell’infanzia non arriva più fin qui. Dopo due anni di pandemia e la nevicata di inizio anno, è impossibile raccontare frottole. Gestire il figlio minore è facile ma a Ludovica abbiamo detto la verità. A stupire sono le risorse dei piccini: la nostra bimba ora gioca con il fango».

C’è un giorno che non dimenticherete mai?

«Non uno ma due: il mio compleanno, che coincideva con l’inizio dell’emergenza, e quello di mia figlia, in calendario il 19 maggio. Per lei niente festa e niente amichetti. Non finirò mai di ringraziare i parenti che si sono arrampicati fin qui a piedi, per farle gli auguri».

La paura maggiore?

«Quella di farsi male. Se fosse successo avremmo dovuto allertare l’elicottero. Era un continuo ripetere ai figli: “Non correte!”, cercando di non spaventarli. Un equilibrismo molto duro».

Avete rischiato la vita?

«Mio marito lavora alla Conad di Novafeltria, quindi fa la spola tutti i giorni. Per fortuna martedì scorso doveva lavorare più tardi del solito, sennò la montagna gli sarebbe franata addosso, invece si è trovato la strada bloccata da uno smottamento e mentre ingranava la retromarcia è partita l'altra frana. Qualche istante di tregua che gli ha concesso di rincasare illeso. Erano le 10 del mattino, la nostra vita è cambiata in una manciata di minuti. Mio zio, che è rimasto bloccato a Sant'Agata, ci portava la spesa con il pick up, percorrendo l’ultimo centinaio di metri a piedi, affondando nel fango».

Tra vicini c’è stata solidarietà?

«Assolutamente sì. Il nostro borgo conta 4 case, di cui due nostre, oltre a tre immobili proprietà di turisti. Una volta creato un gruppo whatsapp, abbiamo unito le forze per sistemare l'area, raccogliendo gli alberi crollati e tagliando quelli pericolanti. Salvo un imprevisto iniziale all’elettricità, non ci è mancato nulla, fermo restando che dal Nevone del 2012 siamo forniti di un generatore elettrico».

Come hanno reagito i clienti?

«Ci hanno sommerso di messaggi proponendo raccolte fondi che ho dirottato sulle zone più colpite. Ora speriamo di riaprire i battenti l’ultimo weekend di maggio. Avevamo registrato il sold out, tra comunioni e cresime ed abbiamo restituito le caparre, ma in molti hanno rifiutato, dicendo che la vacanza da noi è solo rimandata».

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