Isola delle Rose, il 9 esce il film: parla in regista

Arriva da domani su Netflix L’incredibile storia dell’Isola delle Rose, il film diretto dal regista 39enne Sydney Sibilia e prodotto con Matteo Rovere e la loro Groenlandia.

Tratto dalla vicenda dell’Isola delle Rose, la piattaforma costruita nella primavera del 1968 dall’ingegnere bolognese Giorgio Rosa, a sei miglia dalla costa riminese, in acque all’epoca internazionali, il film viene raccontato così dai materiali promozionali: «Primavera 1968. Nell’anno della più tumultuosa e dirompente contestazione studentesca, un giovane ingegnere, Giorgio Rosa (Elio Germano) con un grande sogno e un sorprendente genio visionario decide di costruire un’Isola al largo di Rimini, fuori dalle acque territoriali, nel mare di nessuno, e la proclama stato indipendente. Un’Isola d’acciaio, un mondo a parte, in cui la libertà individuale è il valore assoluto in cui vale una sola regola: niente regole!».

Sydney Sibilia, vi siete in realtà discostati dalla vera storia di Giorgio Rosa...

«In realtà no, abbiamo cercato di restare più aderenti possibile alla storia vera, ovviamente dovendo farne un film dovevamo sintetizzare. Ci siamo imbattuti in questa vicenda mentre stavo lavorando con la sceneggiatrice Francesca Manieri al secondo e terzo capitolo della saga “Smetto quando voglio” e ne siamo rimasti folgorati».

Ha dichiarato che voleva raccontare la forza di un individuo che insegue un proprio sogno. Perché le interessa così tanto questo tema?

«Quello che mi interessava raccontare era quanto una persona da sola possa essere fortissima. Quanto, se non ti piace il mondo così com’è, ti puoi sempre rimboccare le maniche. Se sei determinato, hai due amici, puoi cambiare il tuo mondo. In un’epoca in cui in tanti protestavano e lottavano per avere un mondo migliore, l’ingegner Rosa il proprio mondo se l’è costruito».

L’individuo libero contro lo Stato. Gli uomini della Prima Repubblica sono grotteschi, non ci fanno una gran bella figura. Non c’è nulla da salvare?

«Non volevo fare un film dove c’è il bene contro il male. La raffigurazione dello Stato nel film è più goffa e divertente che cattiva».

Come vi siete preparati per raffigurare quel mondo, la Prima Repubblica, la Dc, il Sessantotto?

«Abbiamo fatto una full immersion nel Sessantotto studiandone un po’ tutti gli aspetti, da quelli più pop alla storia politica. È stata una delle cose più belle della preparazione del film».

La vicenda dell’Isola delle Rose accadde nell’Italia del Sessantotto ma l’ingegner Rosa non era un sessantottino. E in realtà nel film non c’è alcun sentore delle battaglie politiche di quegli anni, neppure come sfondo. Una scelta?

«Mi interessava raccontare la provincia, un luogo dove non passa la Storia o arriva dopo. Io sono della provincia, sono di Salerno, e la contestazione giovanile in quegli anni c’era nelle grandi città universitarie, c’era a Roma, a Bologna...».

Come è stato lavorare con attori di grande esperienza quali Fabrizio Bentivoglio e Luca Zingaretti?

«Sono attori straordinari, tra loro c’è stata una intesa pazzesca. Avevo bisogno di due attori carismatici. Mi sono limitato a dire a Fabrizio che tra il suo personaggio e quello di Luca c’era una gerarchia e il suo obiettivo era non fare arrabbiare il capo. Per entrambe le parti, quella del primo ministro Leone per Zingaretti e del ministro Restivo per Bentivoglio, ho poi voluto che pur parlando un italiano forbito mantenessero l’inflessione dialettale – l’uno napoletano, l’altro siciliano – perché del resto i politici della Prima Repubblica così parlavano, con più naturalezza».

Il film approda da domani 9 dicembre in streaming su Netflix e non in sala, al cinema. Quanto dispiace?

«Ovviamente dispiace. Abbiamo la fortuna che è prodotto da una piattaforma streaming, Netflix, ma il film avrebbe dovuto uscire anche in sala e spero potrà farlo. Ho già il formato, il Dpc, pronto e spero di poterlo fare vedere prima o poi».

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