Isola delle Rose. Oltre il film, i fatti e l'eredità in un nuovo libro GALLERY

Rimini

RIMINI. La vicenda dell'Isola delle Rose è stata raccontata con libri, articoli di giornale, servizi televisivi, documentari, film… A distanza di un decennio dal suo primo libro sull'incredibile vicenda della piattaforma costruita al largo di Rimini e divenuta nazione, Giuseppe Musilli torna ai suoi lettori col libro “Isola delle Rose, Insulo de la Rozoj-la libertà fa paura”, Edizioni Interno 4, euro 14. Un lavoro, uscito in questi giorni, che amplia, soprattutto in immagini e documenti, quello precedente. Per chi ne ha sentito parlare, per chi ha letto il romanzo di Walter Veltroni, per chi ha visto il film di Netflix… un'occasione per immergersi nella realtà dei fatti. Musilli, giornalista e scrittore, indaga gli avvenimenti di quegli anni con il metodo dello storico e restituisce un quadro il più possibile vicino alla realtà, con l'obiettivo di far emergere la storia vera attraverso la raccolta di documenti o l'intervista ai diretti protagonisti. Ecco il capitolo sull’eredità che lascia la vicenda dell’Isola delle Rose riveduto leggermente per il Corriere Romagna.

di GIUSEPPE MUSILLI

È un anno, il ’68, che segna uno spartiacque nella cultura e nella società italiane. Ognuno ne ha interpretato i segni e le eredità a seconda del suo punto di vista. L’Isola delle Rose, nelle cronache e nei racconti, sembra subire la stessa sorte: passa dall’essere una meta turistica per le gite delle famiglie a luogo di perdizione, da centro mondiale esperantista, da cui diffondere messaggi di pace, a base missilistica nelle mani di oscure potenze straniere. Ognuno racconta la sua storia, ma nessuna di queste è del tutto vera.

Il riemergere della storia


Poi, nel 2008, il film documentario Insulo de la Rozoj – La libertà fa paura, realizzato da Cinematica di Rimini, riapre le discussioni dopo 40 anni. La pellicola e il libro allegato ripropongono le suggestioni del sogno di Giorgio Rosa ripercorrendo la vera storia dell’Isola delle Rose. Per la prima volta, vengono rintracciate e intervistate tutte le persone che hanno collaborato all’impresa di Giorgio Rosa, oltre allo stesso ingegnere. La presentazione in anteprima dell’opera a Rimini, nel luglio del 2009, con la presenza dell’ingegnere e della sua famiglia, oltre a molti dei protagonisti dell’epoca, ha avuto l’effetto di riaprire una finestra su un bizzarro spaccato della storia italiana.
La vicenda dell’Isola e della sua utopia è tornata poi a varcare i confini italiani, grazie alle proiezioni della pellicola di Cinematica all’Idfa di Amsterdam, il festival per documentari più importante al mondo. Da quel momento, il film ha girato le rassegne di mezzo mondo, dal Cile allo Scozia, dall’Argentina alla Francia. Un po’ com’era avvenuto nel 1968, dopo le proiezioni del documentario alla porta di Giorgio Rosa si sono presentati giornalisti e troupe televisive assetati di notizie. E l’ingegnere si è ritrovato a dover rispolverare l’episodio cardine della sua vita, che per decenni aveva cercato di dimenticare per lasciarsi alle spalle l’amarezza e la delusione che gli aveva procurato. È sembrato che l’Isola delle Rose non avesse nessuna intenzione di scomparire e che, al contrario, quel suo destino da meta turistica dovesse finalmente realizzarsi.

Il relitto trovato dai sub

Per anni decine di sommozzatori e sub avevano scandagliato l’Adriatico nel tentativo di ritrovare i resti della micronazione. Un mistero rimasto tale fino al giugno del 2009, quando l’ennesima spedizione, organizzata dal club riminese Dive Planet, ne ha individuato il relitto. Così, a quattro decenni dalla distruzione, l’Isola delle Rose tornava in vita e diventava di nuovo una meta turistica, com’era stato nell’estate del 1968, mentre quotidiani e tv celebravano, con stupore, il successo popolare di questa sorta di Atlantide dell’Adriatico. Sempre per restare sulle spiagge della riviera romagnola, da qualche anno è attiva un’associazione intitolata all’Isola delle Rose e animata da uno dei protagonisti della realizzazione della micronazione, l’imprenditore bolognese Guglielmo Martelli. Il sodalizio si occupa di tradizioni nautiche, di storia marinara e di corsi di vela. Ha sede a Rimini, in via Destra del Porto, proprio di fronte a quei cantieri da dove Giorgio Rosa partiva alla volta della sua Isola. Il simbolo dell’associazione è lo scudo con le tre rose, quello disegnato dall’ingegnere, un’immagine che da cinque anni è tornata a campeggiare sulle barche e sulle divise dei regatanti.

La storia vera

Ma non solo: con il nuovo millennio, l’impresa di Rosa fa germogliare le ipotesi più diverse. Il brano Isole del gruppo Efficienza Sonika è ispirato proprio a quella vicenda “perché chi vuol fare cose fuori dagli schemi – spiegano gli autori – viene subito bacchettato dall’autorità costituita”. Anche un episodio del fumetto cult italiano Martin Mystère prende spunto dalla storia riminese, in un albo intitolato proprio L’Isola delle Rose. L’Isola è stata di scena anche in teatro grazie a una pièce scritta da Claudia Ceroni con la compagnia fiorentina di Mauro Monni, mentre a Vancouver, in Canada, due artisti l’hanno celebrata con un’installazione mettendola in correlazione con l’isola di Utopia di Tommaso Moro.
Nel 2012 scendono in campo i grossi calibri: Walter Veltroni ambienta proprio sull’isola una storia romantica nel suo romanzo L’Isola e le rose.
Nel frattempo i collezionisti di tutto il mondo continuano a dare la caccia alle serie di francobolli emessi quell’estate, col disegno dell’Isola delle Rose che campeggia attorniato dalle scritte in esperanto. Insomma, la vicenda viene ripercorsa decine di volte tra libri, video, documentari, testi teatrali e report giornalistici. Anche sepolta sotto tredici metri d’acqua, l’Isola resta una presenza viva sulla costa riminese. Ma, senza dubbio, a generare un nuovo, enorme interesse per la micronazione è il film L’incredibile storia dell’Isola delle Rose, distribuito su Netflix dal dicembre 2020. La pellicola, diretta da Sydney Sibilia, propone una versione accattivante dell’impresa di Rosa. Quando iniziò la lavorazione, la produzione si rivolse ai familiari di Giorgio Rosa per avere un supporto e Lorenzo, il figlio dell’ingegnere, come era già capitato con Walter Veltroni, indirizzò a me la persona che doveva fare le prime ricerche storiografiche prima di passare alla scrittura della sceneggiatura. Per un giudizio artistico sull’opera, basta dare un’occhiata in rete e navigare tra critiche e recensioni; c’è un dato che però è innegabile: mai si era parlato con tanta frequenza e con tanto interesse di quel che il nostro ingegnere aveva combinato negli anni Sessanta del Novecento. Immagino che molti dei lettori abbiano visto il film. A dirla tutta, penso che molti di quelli che acquisteranno il mio piccolo volume lo faranno proprio per soddisfare le curiosità alimentate dalla visione della pellicola. Dico subito che, rispetto alla storia verificata, la pellicola Netflix si è presa qualche libertà. L’elenco sarebbe esteso, a partire dai riferimenti anagrafici per arrivare ai viaggi a Strasburgo e alle feste sull’Isola. Ma entrare nel dettaglio è un esercizio noioso, che nulla aggiunge a beneficio del lettore che vuol togliersi qualche dubbio su questa bizzarra vicenda. D’altra parte, basterà confrontare quel che leggerete con quanto avete visto in tv o al cinema. Come noterete, quel che io riporto deriva dalle testimonianze dirette dei protagonisti della vicenda (ormai, tra l’altro, quasi tutti scomparsi). Il mio libro e il documentario di Cinematica hanno l’ambizione di una narrazione storica, attenta a dati e date. Per riflettere sulle ricostruzioni che trovate in queste pagine, basti pensare alle decine di testimonianze dirette riportate nel libro e nel documentario o alle immagini dell’isola, che ho ritrovato in uno scatolo, all’epoca non ancora catalogato, del Fondo Minghini della Biblioteca Gambalunga di Rimini, mentre passavo le mie giornate a sfogliare i quotidiani e le riviste di quegli anni per avere tutti i riscontri documentali delle interviste effettuate e confrontarle con le cronache.

I nuovi documenti

In più, le immagini dell’esplosione dell’Isola arrivano dalla Puglia, dove viveva uno dei guastatori della Marina che aveva partecipato alla demolizione e, per lavoro, aveva effettuato qualche ripresa. Le lettere indirizzate all’Isola e ai suoi “residenti”, le abbiamo ritrovate a Monaco di Baviera, a casa di Rudy Neumann, il famoso “ambasciatore tedesco”. Materiali, storie, aneddoti che lo stesso ingegner Rosa non conosceva.
Un dato è certo: la storia dell’ingegner Rosa e della sua Isola è affascinante così come è stata nella realtà. Non c’è la necessità di atmosfere sessantottine o di protagonisti in jeans per rendere interessante la vicenda. L’Isola delle Rose ha il fascino delle utopie, dei progetti impossibili. L’utopia, d’altra parte, è il sottotesto di tutta la storia di quegli anni, il sentimento di fondo che muove le nuove generazioni. Proprio il fatto che, in quegli anni, uno dei pochi progetti utopici realizzati porti la firma di questo professionista bolognese di mezza età, non è forse più affascinante che attribuire l’impresa a un gruppo di ragazzi che si muove e ragiona come un collettivo del Maggio francese? La storia di un “normale” esponente della media borghesia italiana che crea una nazione indipendente, non è già di per sé accattivante e bizzarra?
Per me è sempre un piacere ricordare l’ingegner Giorgio Rosa, con cui era nato un rapporto affettuoso. Mi commuovo ogni volta che ne parlo. Penso che a suscitare queste emozioni sia proprio il fatto di aver raccolto le confidenze di un sognatore con i piedi per terra. Uno schivo ingegnere bolognese che aveva tolto i jeans e la t-shirt all’utopia per farle indossare giacca e cravatta. A cinque decenni dalla demolizione, a Giorgio Rosa, che riposa nel cimitero di Bologna vicino alla sua signora, resta la soddisfazione di poter vedere da lassù che la sua idea, la sua utopia, continuano a diffondere fascino ed emozioni e che forse, alla fine, quella guerra con i burocrati l’ha vinta lui.

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