Inventario non corretto, scatta l’accertamento induttivo “puro”

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L a corretta redazione di un inventario è sempre consigliabile, o, meglio, doverosa, laddove si voglia evitare di essere sottoposti da parte dell’Agenzia delle Entrate ad un cosiddetto accertamento induttivo “puro”. È questo l’insegnamento ritraibile dalla ordinanza n. 17244.21, emessa dalla Corte di Cassazione in data 21 gennaio 2021, e depositata lo scorso 17 giugno.

La vicenda trae origine da un accertamento emesso (per l’anno di imposta 2006) dall’Ufficio dell’Agenzia delle Entrate di Benevento a carico di un contribuente operante nel settore della ferramenta il cui volume d’affari era stato ricostruito in via presuntiva ai sensi dell’art. 39, co. 2, del d.p.r. n. 600 del 1973. L’articolo di legge in richiamo regolamenta un metodo di accertamento nel quale l’Agenzia delle Entrate è legittimata a ricostruire il reddito presuntivamente conseguito da un dato contribuente anche sulla base di presunzioni cosiddette supersemplici, ossia, prive dei requisiti di gravità, precisione e concordanza. Affinché un simile metodo di accertamento possa considerarsi giustificato ed ammissibile occorre che le scritture contabili siano del tutto inattendibili; occorre, cioè, che vi sia una incompletezza delle stesse talmente grave al punto da poter ricostruire il volume d’affari del contribuente prescindendo completamente da esse. Una delle circostanze che per l’appunto ammette e giustifica una siffatta ricostruzione è quella (verificatasi nel caso in esame) in cui il soggetto sottoposto a controllo abbia omesso di indicare e valorizzare le proprie rimanenze raggruppandole in categorie omogenee. Tale circostanza, stando a quanto stabilito nella ordinanza in esame, determina un serio ostacolo all’analisi contabile del fisco, al punto da consentire a quest’ultimo di quantificare il reddito presuntivamente ritratto, al di là ed a prescindere dal dato emergente contabilmente. Peraltro, stando sempre a quanto indicato nella ordinanza in esame, in caso di accesso presso il contribuente, ovvero, di controllo comunque attivato nei suoi confronti, la corretta redazione dell’inventario dovrà essere esibita e documentata da subito, dovendo preesistere al controllo stesso, salvo produrla (anche previa ricostruzione della stessa) successivamente in giudizio, al fine di sconfessare la ricostruzione presuntiva opposta dal fisco, a quel punto legittimamente, atteso che nel corso della prodromica istruttoria la parte comunque non era riuscita a documentare la corretta redazione dell’inventario.

Il consiglio è chiaramente quello di redigere in maniera quanto più possibile corretta e puntuale l’inventario, atteso che eventuali lacune al riguardo possono agevolare le contestazioni erariali, rendendo più complessa la successiva difesa in giudizio, attraverso la quale resta tuttavia possibile scardinare la contestazione erariale, laddove questa sia infondata, o comunque non in linea con le effettive potenzialità e capacità reddituali del soggetto sottoposto ad accertamento.

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