Intervista all'assessore Gambi: "Piano regolatore per la cultura"

Imola

IMOLA. I suoi genitori gli fecero il primo abbonamento al Teatro comunale che aveva appena sette anni. Decisamente un buon investimento. «Anche se in realtà hanno scoperto che ero stato nominato assessore dai giornali, nella concitazione di quei giorni non ho neanche fatto in tempo a dirglielo io…». Giacomo Gambi è il più giovane di tutta la nuova giunta imolese, più giovane ancora dello stesso sindaco Marco Panieri con il quale esordì nella vita pubblica come consigliere comunale tre consigliature fa. Gambi ha 29 anni e nella vita di professione è avvocato.
Aver affidato la cultura al più giovane dei sette è già di per sé un messaggio. La cultura a Imola ha bisogno di essere svecchiata.
«Sono orgoglioso di questa nomina e so tutte le aspettative che ci sono anche da parte di una una generazione che spera in un cambio di passo e quello che vogliamo fare lo abbiamo già condiviso in questi giorni con tutti i servizi».
Allora partiamo dai musei, e in particolare da quello che tutti vedono anche senza entrarci cioè la Rocca. Valorizzazione dei contenuti a parte c’è anche una questione di manutenzione. La sindaca Sangiorgi parlò di ripulire i muri dalle infestanti e fu quasi dileggiata, ma anche quello è un tema. Quindi, da dove si parte?
«Sembrerà strano ma parto ringraziando proprio la sindaca. Parlando con gli uffici ho verificato che la richiesta di inserire un milione di investimenti finanziati tramite l’Art bonus per la Rocca è stato inserito dalla ex amministrazione. Il progetto è approvato e abbiamo ora la possibilità di rilanciare un nuovo mecenatismo coinvolgendo le imprese. Oggi la Rocca ha ad esempio due camminamenti non accessibili, non mi piace usare la parola urgente, ma è un intervento è assolutamente necessario. Si possono fare tranche di lavoro un po’ alla volta. Sempre per la Rocca si è appena conclusa l’iniziativa “Le Rocche di Caterina” che è andata molto bene e quindi pensiamo di riproporla a dicembre».
Sugli orari di apertura già più volte criticati perché molto ridotti ci saranno novità?
«Ora sono aperti il sabato e la domenica e da martedì a venerdì su richiesta anche solo di una persona. Stiamo cercando di capire come garantire una maggiore apertura».
Passando alla valorizzazione.
«Ad esempio si può creare un punto ristoro sia alla Rocca, ma anche alla Biblioteca per esempio. Oggi alle macchinette del caffè della biblioteca vengono erogati 300 caffè al giorno perché non pensare a un luogo più strutturato? Mentre alla Rocca sarebbe utile avere un punto a cui appoggiarsi in caso di eventi».
Altro museo che comincerà a vedere la luce è, dopo decenni di attesa, quello archeologico.
«Non per meriti miei potrò inaugurarlo. È un progetto che mi inorgoglisce tantissimo. Ora è fuori il bando per i lavori da 1,5 milioni di euro, di cui 900mila euro di fondi propri del Comune. Ho già visto i rendering sullo scavo della domus del rasoio e sono suggestivi, lo scavo sarà corredato da contenuti multimediali ai quali stanno lavorando grazie a un contributo della Fondazione. Per la parte delle teche ai piani superiori, invece, il finanziamento non c’è ora, ma credo che vedendo il lavoro fatto, nel prossimo anno e mezzo troveremo i finanziamenti necessari. Anche in questo caso ragionerei sulla concessione per un punto ristoro dentro al complesso San Domenico, ad esempio nelle vecchie cucine del convento che non sarebbero utilizzate. Credo che la cultura non possa essere solo mera visualizzazione e fruizione passiva. Sempre a proposito di musei ci tengo a dire che a Palazzo Tozzoni abbiamo rivisto tutte le luci degli interni per renderle più simili a quelle che potevano essere le luci di una casa. Le inaugureremo durante il Baccanale. Adesso ai musei si stanno definendo tutte le attività didattiche con le scuole e c’è molta richiesta nonostante il coronavirus questo significa che abbiamo professionalità pronte a programmare molte attività in sicurezza».
Il Teatro Stignani ha appena riaperto dopo molti mesi, la stagione di prosa è stata presentata. Ma Imola di teatri ne ha due, come li farete dialogare?
«Noi davanti alla crisi epidemiologica potevano chiuderci in casa e fruire di contenuti da soli davanti al pc, oppure chiedere al pubblico di garantire una programmazione collettiva di spettacoli. Noi abbiamo scelto questo, nel rispetto della normativa anticovid, perché crediamo che la cultura sia incontro fra le persone. Credo molto nel fatto che quando si hanno due teatri, e così belli e pubblici, sia importante provare a dare a ciascuno una vocazione diversa. Credo che l’Osservanza debba avere una vocazione più di elaborazione culturale innovativa e ricerca, in collaborazione con associazioni teatrali del territorio ma non solo. È necessario aprirsi, non siamo un fortino, magari ospitare compagnie e fare residenze con artisti che non siano solo imolesi».
Imola potrebbe pensare anche alla produzione teatrale? Già è successo.
«Ovvio che non può essere l’amministrazione comunale a produrre ma saremo dalla parte di chi produrrà qualcosa di innovativo in questa città in tutti i campi delle arti».
C’è un dato con cui forse è giunto il momento di fare i conti: a Imola manca ancora una vera e propria imprenditoria culturale. C’è quello che fa il pubblico, ci sono molte associazioni. Ma come si può incentivare l’idea che “con la cultura si mangia”?
«È importante pensare che con la cultura si possa costruire impresa. Oggi ci sono associazioni che hanno superato questa stessa dimensione, se si fanno tanti eventi durante l’anno con delle entrate si può pensare a collaborare con l’ente in altro modo e lasciare contributi piccoli, nati per aiutare le associazioni, alle stesse. Le professionalità a Imola sono tante. Puntiamo a fare un vero e proprio piano regolatore della cultura per mettere insieme e armonizzare le proposte. Cercando anche di capire quali sono i bisogni della città».
La musica ad esempio è una realtà presente a più livelli in città, ma qualcosa anche si è perso per strada.
«Ad esempio se non ci sono i luoghi dove fare musica fra giovani è difficile individuare quelli che hanno potenziale per proseguire ed eventualmente emergere. Perciò voglio riaprire immediatamente le sale prove di Ca’ Vaina. Il commissario ha fatto una scelta, lo ringrazio, ma assegnare Ca’ Vaina al Centro formazione adulti per l’intero anno scolastico è una cosa che ho cambiato, la scadenza al momento è stata fissata a fine gennaio, se possibile la vorremmo anticipare. Le sale prove si possono riaprire subito, anche perché le sale prove alla Vassura Baroncini non hanno funzionato e non ci è andato quasi nessuno. Invece tanti privati hanno aperto sale e salette nei sottoscala chiedendo denaro quando prima c’era un servizio pubblico a prezzo calmierato che adesso va ripristinato».
Quindi anche Ca’Vaina torna il fulcro delle politiche giovanili?
«I lavori per ripartire come cento giovanile sono stati fatti. Per la gestione si può partire anche con un anno ponte, e anche qui sono d’accordo con l’amministrazione di prima, dicendo al gestore cosa può e non può fare. Al bando ci stiamo lavorando adesso. Poi, sempre nell’ottica di quel piano regolatore culturale, si cercherà di capire cosa esattamente serve per programmare più a lungo termine. I ragazzi stessi lo sanno e infatti con l’assessore Castellari ci siamo ripromessi di incontrare mensilmente i rappresentanti delle scuole superiori che ci dicano loro cosa va e cosa non va. Abbiamo ascoltato molto i presidi, ascoltiamo di più anche gli studenti».
A proposito di studenti, buona parte della cultura passa dall’Università e Imola ancora non ha costruito bene questo legame.
«Noi abbiamo sentito forte una richiesta durante la campagna elettorale e intanto molti fuori sede con il lockdown sono tornati a casa a Imola e hanno ricominciato a vivere la città tutte le sere. Chiedono spazi per studiare. La Bim ad esempio con orari più ampi. Ma può essere anche l’università a garantire una apertura serale. Ma stiamo verificando anche altri spazi pubblici che potremmo far gestire ad associazioni studentesche. Il dialogo con questo mondo in città sarà sempre più fondamentale, visto che la presenza universitaria aumenterà. C’è poi un progetto nel cassetto che voglio ritirare fuori: la collaborazione fra il corso di verde ornamentale e gli uffici del verde pubblico di Area blu».
Capitolo eventi. Imola ne ha alcuni più che rodati, diciamo pure attempati. Continueranno a vivere certamente, ma non sarebbe ora di pensarne di nuovi?
«Se questi sono contenitori che hanno dato anche lustro alla città occorrerà pensare che si contaminino di più, ad esempio Imola in musica potrebbe dare più spazio ad altre altri. Quanto ad alcune novità, penso a una rassegna di eventi estiva al Parco dell’Osservanza che contrassegni l’estate a Imola. Un’altra idea è l’ apertura dei cortili delle case o delle chiese del centro storico per ospitare eventi e spettacoli».

Newsletter

Iscriviti e ricevi le notizie del giorno prima di chiunque altro Clicca qui