Le "influencer" della fede. A Ravenna le suore di clausura sono "social" tra youtube, facebook e whatsapp

RAVENNA. Preghiere e riflessioni religiose attraverso il web. Una propensione, quella delle suore di clausura del Monastero delle monache Carmelitane di Ravenna, che non è dettata dall’emergenza coronavirus, anche se certamente in un momento così delicato il conforto della fede on line è stato di supporto per i cattolici praticanti.

Il debutto on line
La svolta “social” delle religiose che vivono nel convento di via Guaccimanni non è correlata alle motivazioni che di recente hanno indotto la Diocesi a sospendere funzioni, benedizioni pasquali e scambio della pace al fine di arginare il diffondersi del contagio. Risale infatti a una decina di anni fa. «Abbiamo iniziato a sfruttare le possibilità offerte delle nuove tecnologie nel 2009 con youtube e facebook – racconta suor Anastasia, che all’epoca era madre superiora del gruppo di religiose –. Proprio io, che all’interno del monastero occupo l’eremo, il luogo più isolato, ho avvertito l’esigenza di avvicinarmi al web allo scopo di far conoscere la nostra vita tramite i video autoprodotti. Un modo per cercare di spiegare con le immagini al mondo esterno quella che rappresenta la nostra quotidianità, aprire i nostri spazi di preghiera anche agli altri».

Esperienze e correttivi
In poco tempo le visualizzazioni dei filmati hanno preso corpo, così come le richieste di amicizia su facebook, sia sulla pagina del monastero che su quella personale di suor Anastasia. Non tutte però provenivano da fedeli. «I social si sono rivelati uno spazio ambiguo – racconta –; se per la maggior parte delle persone i contatti erano dettati da motivi di interesse, vicinanza e apprezzamento, sono arrivate anche critiche e qualche incontro spiacevole. All’inizio siamo state tacciate di troppa modernità. Non dalla Chiesa né dalla Curia, che anzi promuovono nei dovuti modi l’utilizzo della tecnologia, ma da qualche cattolico integralista che faticava a vederci per questo come suore di clausura. Senza pensare però che anche in precedenza uscivamo dalle mura del monastero per quelle che sono le esigenze quotidiane di ognuna di noi. E senza soffermarsi sul fatto che la clausura non è il senso della nostra vita ma uno strumento che ci caratterizza. Noi siamo monache che vivono nella preghiera, che è per essenza apertura e condivisione. Ancora – prosegue –, la nostra particolare apertura verso il mondo ortodosso, piuttosto naturale in una città, Ravenna, da millenni ponte tra Oriente e Occidente, ha innescato una divisione tra chi riteneva corretto questo approccio e quanti invece avevano visioni più integraliste. Il web rischiava così di trasformarsi in un giudizio su di noi. Per questo abbiamo cercato di ripensare alle modalità di apertura all’esterno, attraverso una riflessione che ha coinvolto tutta la nostra comunità (attualmente composta da 11 monache). Considerando che la realizzazione dei video comportava l’ingresso di un operatore esterno negli spazi della clausura, ne abbiamo parlato per poter eventualmente scegliere questa linea in modo condiviso. Così è stato e siamo arrivate ad accogliere questa forma di contatto, a sentirla nostra. E’ stata una crescita – spiega la religiosa –. In questo modo è nato il film sulla storia della nostra comunità e sono nati i video sulla vita delle sorelle scomparse al posto della classica lettera inviata tra i monasteri e quelli che raccontano le nostre storie vocazionali».

Lo scopo
Uno strumento diventato ordinario tanto che sono una cinquantina i video postati sul canale youtube, tra l’altro molto condivisi, con momenti di preghiera, studio, formazione, pellegrinaggi «perché riteniamo ci sia uno spazio della vita monastica che può essere condiviso con i laici». E dopo il debutto su facebook, ritenuto però uno spazio «troppo ampio e non personalizzato», nel 2018 le monache hanno creato un gruppo whatsapp denominato “preghiera monastica”, «una bacheca aperta in cui promuovere eventi particolari della nostra comunità e con cui abbiamo invitato le persone a partecipare alla nostra preghiera. La prima esperienza – racconta suor Anastasia – ha visto molta partecipazione e numerosi commenti, tanto da rendere necessario creare un nuovo gruppo senza dare la possibilità agli utenti la possibilità di rispondere ai messaggi. Quanti contatti compongono il gruppo? Un centinaio, il più persone che conosciamo direttamente e che sappiamo essere interessate alla nostra vita di comunità. Whatsapp ci è parso uno strumento più adatto per comunicare col mondo e condividere e vivere insieme l’autenticità della preghiera e la bellezza che ci circonda. Essere social non ha portato vantaggi vocazionali ma umani. Abbiamo avuto numerosi riscontri che ci hanno fatto molto piacere come quello della signora di Trento che è venuta appositamente a conoscerci dopo aver visto il video sulla preghiera notturna, che le era stato di conforto in un momento difficile».

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