Infermieri, più della metà degli indecisi ora si vaccina

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A un anno dall’esordio della pandemia, la gestione ospedaliera si gioca su un delicato equilibrio tra l’impiego efficiente del personale e la spinta alla vaccinazione degli operatori indecisi. Personale che, come ribadisce la direttrice infermieristica aziendale di Ausl Romagna, Silvia Mambelli, «è sempre troppo scarso, anche se abbiamo assunto tutti quelli che potevamo assumere», e anche le nuove leve, i neolaureati alla facoltà di Scienze infermieristiche, «sono assolutamente insufficienti». A 10 giorni dall’introduzione dell’obbligo vaccinale, però, la schiera dei non vaccinati inizia a sfoltirsi: secondo Mambelli, a Forlì, «circa il 60% dei sanitari che fino a oggi non si era sottoposto al vaccino, negli ultimi giorni ha ricevuto la prima iniezione». Un’adesione alla campagna vaccinale che permette di mitigare l’apprensione per l’allontanamento dalla corsia di chi opera a contatto diretto con i malati, come previsto dal decreto Covid.

«Il fatto che in molti, e soprattutto a Forlì, si stiano decidendo a fare il vaccino - sottolinea la dirigente infermieristica - ci consente di alleviare, almeno in parte, il problema del vuoto lasciato dai non vaccinati». Il comprensorio del Forlivese, in base a quanto riferito da Mambelli, sarebbe infatti quello che «al momento, sta dando una risposta migliore, soprattutto rispetto ad altri territori, come il Riminese. Ma per vaccinarsi c’è tempo fino alla fine di aprile, per cui è bene attendere ancora qualche settimana prima di ragionare sui provvedimenti e le soluzioni da adottare».

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