Incidenti in bicicletta, Rimini prima in Romagna

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Non è semplice la vita dei ciclisti in Romagna. Molto più che in Emilia, infatti, le biciclette sono protagoniste di incidenti stradali. E fra le tre province romagnole, Rimini è mediamente quella in cui si verifica il numero più alto.

I dati

Secondo le “Localizzazioni degli incidenti stradali” elaborate dall’Aci (Automobile club d’Italia) fra il 2014 e lo scorso anno, a Rimini la media degli incidenti in cui le biciclette sono rimaste coinvolte è sempre stata superiore a quella dell’Emilia-Romagna.

Se fra il 2014 e il 2019 la regione si è attestata attorno al 10%, con un picco del 10,61% due anni fa, Rimini ha sempre superato l’11%, con un picco del 13,45% nel 2019. E da terza provincia romagnola per numero di incidenti di biciclette è diventata molto rapidamente la prima.

Durante il primo anno della pandemia, la percentuale di incidenti in cui i velocipedi a pedali sono rimasti coinvolti è addirittura aumentata, attestandosi al 14,30%. E il superamento da parte di Ravenna non contribuisce a migliorare il quadro.

«Zone 30 siano la regola»

«Il limite di velocità è una condizione fondamentale per creare una condivisione sicura della strada con ciclisti e pedoni – commenta Valerio Benelli, presidente della Fiab di Rimini, associazione designata fra le componenti della Consulta della bici del Comune la cui costituzione deve ancora essere approvata dal Consiglio comunale –. Vorremmo che le zone 30 fossero la regola e non più l’eccezione in città».

Come? I suggerimenti non mancano: «L’accesso dei mezzi motorizzati a certe zone con funzione locale (residenti, attività, fornitori, etc) – fa un esempio –. Il “disassamento” di alcune strade, con un andamento a serpentina, o il restringimento delle carreggiate, sia tramite sosta a lati alterni e a lisca di pesce o con elementi di arredo urbano (aiuole, fioriere, giochi per bambini, piolini, spiazzi, tavolini, transenne, etc)».

Ancora, «la circolazione facilitata delle biciclette ovunque, anche con “sensi unici eccetto bici” – aggiunge – da fare prevalentemente su viabilità ordinaria che diventa non subordinata ma anzi ai primi posti: piste o corsie ciclabili divengono secondarie o superflue e realizzate solo su strade a medio traffico, oltre che ovviamente su tutte le arterie di scorrimento esterne alla zona a moderazione del traffico».

«Basta mezzi a motore»

«Quando parliamo di sicurezza stradale, dobbiamo necessariamente parlare di come “disinnescare” i mezzi a motore, altrimenti stiamo parlando di nulla – gli fa eco Nicola Gobbi, fondatore della community Ciclisti urbani Rimini, anche lei associazione designata della Consulta –. Non basta fare ciclabili, non basta mettere dei cartelli con dei limiti di velocità, bisogna ridurre l’utilizzo delle automobili in area urbana».

La sollecitazione per il Comune è «approvare innanzitutto il Pums, che è fermo dal 2018 – continua –. Il Piano urbano della mobilità sostenibile, infatti, prevede di ridurre l’uso dell’automobile di circa il 20% in dieci anni e il Comune deve mettere in campo delle azioni che vadano in questo senso, quindi incentivare l’uso di altri mezzi».

Inoltre, «di proposte ne abbiamo sottoposte diverse volte, ma, soprattutto in questo ultimo periodo, stiamo trovando porte chiuse – incalza –. Anzi, la nuova Giunta sta lavorando per facilitare l’uso dell’auto: stiamo costruendo nuove strade, nuove rotonde, nuovi parcheggi, tutti provvedimenti che invece di ridurre vanno ad aumentare l’uso dell’automobile in area urbana. Quindi, se le cose non cambiano, gli incidenti aumenteranno in futuro».

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