In un libro i talenti di Rina Macrelli, intellettuale femminista

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A un anno dalla scomparsa, torna all’attenzione la figura di Rina Macrelli (1929-2020): scrittrice, donna di cinema (aiuto regista di Liliana Cavani e Michelangelo Antonioni), autrice e conduttrice televisiva (dalla tv dei ragazzi alle prime inchieste reportage), studiosa della cultura popolare come riscatto delle classi subalterne, dalla poesia dialettale all’impegno civile e femminista, che sarà ricordata oggi alla Biblioteca Baldini di Santarcangelo.

In programma (ore 21) la presentazione del volume I talenti di Rina Macrelli fra creatività e impegno (Raffaelli editore, Rimini, 2021), con Rosita Copioli, saggista, poetessa e scrittrice, e Raffaella Sarti, docente di Storia dei generi e storia moderna dell’Università di Urbino. Coordineranno la serata Pier Angelo Fontana e Simonetta Nicolini, curatori del volume con introduzione della sindaca Alice Parma, contenente saggi di Gianfranco Miro Gori, Pier Silverio Pozzi, Tiziana Mattioli, Roberta Ferraresi, Manuela Ricci.

Fontana, perché Rina Macrelli è stata una figura centrale nella cultura e nella vita di Santarcangelo?

«Dopo la giornata di studi dedicata a lei nel novembre 2019 (in occasione dei suoi 90 anni), con la pubblicazione di questo volume che contiene i contributi, rivisti e ampliati, dei relatori di quell’incontro, con l’aggiunta di una pregevole ed esaustiva introduzione e nota biografica di Simonetta Nicolini, vogliamo proprio rendere un doveroso tributo, e nel contempo documentare e far conoscere il ruolo fondamentale che Macrelli ha avuto nell’esperienza cultuale santarcangiolese del secondo dopoguerra. Di fatto, Rina Macrelli è stata la sponda di riferimento costante e stimolante nei confronti del gruppo di poeti, pittori e artisti santarcangiolesi del Circolo del giudizio. Inoltre, grazie al contributo in volume di Roberta Ferraresi, per la prima volta è stato giustamente messo in evidenza pure il suo importante apporto critico, di stimolo intellettuale, nei confronti della allora nascente esperienza del Festival internazionale del teatro in piazza».

Quale importante fonte di ricerca rappresenta il suo archivio?

«Le nipoti eredi, Fiorella e Milena Zavatti, hanno recentemente donato alla biblioteca comunale la prima, per certi versi la più significativa, parte dell’archivio personale della loro zia Rina. E colgo qui l’occasione per ribadire loro il più sincero ringraziamento per l’attenzione e la consapevolezza dimostrataci. Rappresenta un tassello fondamentale per approfondire, per certi versi forse anche per riscrivere in parte, l’esperienza culturale del secondo dopoguerra santarcangiolese. Ma è sicuramente fondamentale pure per comprendere al meglio le vicende legate alle lotte e alle rivendicazioni del policromo movimento femminista in Italia, nella loro complessità, vicende della quali Macrelli è stata una delle protagoniste, sempre attiva e partecipe. E il documentatissimo intervento di Manuela Ricci, compreso nel volume, che ha potuto per prima accedere ai documenti dell’archivio, ne è la piena dimostrazione».

Nicolini, quale fu l’estensione del quadro delle attività e delle relazioni di Rina Macrelli?

«Macrelli aveva già maturato fin dal primo soggiorno in Francia l’interesse per i diversi temi sociali e culturali di cui poi si è occupata in Rai, come conduttrice e intervistatrice e quindi come assistente di Liliana Cavani. Il Neorealismo, se vogliamo essere più precisi l’attenzione alla realtà italiana, stava nei geni di quella prima fase della televisione che aveva come obiettivo principale quello di educare tutti gli italiani e di raggiungere gli strati popolari. Poi, ovviamente, le proposte fatte da registi e programmisti, come bene spiega Pier Silverio Pozzi nel volume, potevano subire censure o pressioni a seconda del momento e dei funzionari di riferimento».

Come si sviluppò in Rina Macrelli l’idea di “cultura popolare”, dal dialetto alla stessa connessione con la sua coscienza femminista?

«Nel 1967-68 fu con Michelangelo Antonioni in California, per girare quello straordinario film che è “Zabriskie Point”, un occhio raffinatamente europeo sulla rivolta studentesca a Los Angeles. Lì ebbe occasione di osservare da vicino la seconda fase di affermazione del movimento di liberazione delle donne che stava irrompendo sulla scena ed elaborando le sue basi teoriche a partire dalle posizioni di Betty Friedan. Rina guarda alle rivendicazioni di studenti, donne, omosessuali e neri (lo testimoniano le lettere ai familiari ancora inedite) con grande acume critico per i giudizi sulle grandi novità portate in campo dal punto di vista culturale e di costume negli Usa, ma non manca di rilevarne alcuni limiti rispetto ai movimenti politici e sociali europei, che lei conosceva bene. L’adesione al movimento femminista (poi a quello lesbico) e la difesa della poesia in dialetto (particolarmente la scoperta delle poesie di Giuliana Rocchi) sono il naturale e inevitabile sviluppo di questa attenzione alle nuove istanze sociali e sono il segno della sua sensibilità profonda per chi era rimasto, comunque e sempre, ai margini della storia».

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