In un doc la vita del produttore della "Dolce vita"

Cultura

Dice ad un certo punto il critico Mario Sesti: senza Peppino Amato il film “La dolce vita” «probabilmente non si sarebbe mai fatto». Chi era Peppino Amato? Un grande produttore cinematografico, e di quelli però che avevano nell’animo un demone romantico, talvolta anche distruttore: la spia è il suo rapporto con il denaro, il suo vizio del gioco nei casinò, che condivideva e su cui ironizzava con l’altrettanto incallito giocatore Vittorio De Sica. Ma era poi quel demone che lo spingeva a fare, a investire, a intuire prima di tutti: Giuseppe Amato intuì prima di tutti gli altri che “La dolce vita” sarebbe stato un capolavoro. E volle produrre a tutti i costi quel film uscito sessant’anni fa, che lui avrebbe voluto fosse intitolato “Via Veneto”.

Padre Pio

Prima di farlo, prima di gettarsi a capofitto nell’impresa, sentì però il bisogno – lui così religioso, devoto in maniera anche superstiziosa – di rivolgersi a Padre Pio. Si recò con un amico in pellegrinaggio a San Giovanni Rotondo e da quell’incontro ne uscì convinto che poteva e doveva firmare l’accordo che prevedeva uno scambio con il produttore Dino De Laurentiis, colui che dopo i successi de “La strada” e “Le notti di Cabiria” aveva in mano un solido contratto che lo legava ai futuri lavori di Fellini. «Amato mi cedette in cambio dei diritti de “La dolce vita” quelli de “La grande guerra”» raccontò il celeberrimo produttore in una intervista video che è stata ripresa dal film “La verità sulla dolce vita” che il nipote di Peppino Amato, Giuseppe Pedersoli, ha realizzato e presentato la scorsa settimana in anteprima alla Mostra del cinema di Venezia. Il film ha iniziato ieri da Napoli e da altre città della Penisola il viaggio che lo porterà prossimamente anche nei cinema dell’Emilia-Romagna: a Bologna (al Tivoli) il 24 settembre, al cinema Fulgor di Rimini il 28, alla presenza del regista.

Il figlio di Bud Spencer

La genesi di questo nuovo lavoro legato all’opera di Fellini, prodotto da Gaia Gorrini per Arietta Cinematografica, in associazione con Istituto Luce-Cinecittà, la racconta così Giuseppe Pedersoli (lui stesso di mestiere produttore), figlio di quel Carlo Pedersoli noto al grande pubblico come Bud Spencer e che fu genero di Peppino Amato: «Spinto a rimettere ordine negli archivi di famiglia in occasione del centenario della nascita di Fellini e dei 60 anni de “La dolce vita” – spiega – ci siamo ritrovati davanti a un tesoro, perché con nostra sorpresa abbiamo scoperto che i documenti che avevamo tra le mani comprendevano non solo il periodo de “La dolce vita” ma tutta l’attività di mio nonno Peppino Amato dagli anni Trenta».

Una mole impressionante di documenti sono stati riordinati e studiati: «Solo per “La dolce vita” ci sono almeno 140 scambi epistolari». Sono soprattutto quelli tra Amato e Fellini, tra Amato e Rizzoli e De Laurentiis, gli altri produttori coinvolti direttamente nella vicenda de “La dolce vita”, le cui vicissitudini produttive il film ricostruisce – nella forma della docu-fiction – attingendo fedelmente ai materiali ritrovati.

Liti furiose tra produttori

Se De Laurentiis fu colui che si lasciò sfuggire il grande capolavoro, Angelo Rizzoli, socio storico di Amato, fu colui che alla fine raccolse i benefici del successo. Ma il film causò anche la rottura del lungo sodalizio tra il “commenda” e Amato. Quest’ultimo fu infatti costretto a cedere la propria quota del cinquanta per cento del capolavoro per il quale si era talmente speso da rimetterci, oltre che finanziariamente, anche in stato di salute.

La storia produttiva de “La dolce vita” è una storia di furiose litigate tra produttori, tra produzione e regista, ma anche di riappacificazioni. Il film documenta molti dei passaggi, in particolare le rotture sfiorate tra Fellini e Amato, e tra Rizzoli e lo stesso Amato. I costi del film – lievitato dagli iniziali 400 a 800 milioni di lire, tra i più costosi (allora) della storia del cinema – e l’eccessiva lunghezza (oltre 4 ore poi ridotte a 3) furono al centro delle diatribe.

La magia del set

Peppino Amato morirà d’infarto il 3 febbraio 1964. Erano trascorsi esattamente quattro anni dall’uscita de “La dolce vita”, la cui prima avvenne al cinema Fiamma di Roma il 3 febbraio del 1960. Nato il 24 agosto del 1899, Amato fu uno dei grandi produttori di cinema a partire dagli anni Trenta-Quaranta: il suo nome è legato ai capolavori del neorealismo, “Roma città aperta” di Rossellini, “Umberto D” di De Sica, a film come “Francesco Giullare di Dio” (sempre di Rossellini), a “Don Camillo”. Fu «una di quelle figure per le quali l’incontro con un set cinematografico – osserva Mario Sesti – acquista i tratti di un autentico rapimento, qualcosa di simile ai grandi innamoramenti o alla scoperta di una fede religiosa. Una magia dalla quale non riuscirà più a liberarsi».

Il suo ruolo fondamentale per la realizzazione de “La dolce vita” lo riconobbe lo stesso Fellini, come dimostra una lettera che gli inviò a film terminato: «Ora che la mia fatica sta per volgere alla fine – scrisse – voglio dirti che ti sarò sempre grato di avermi un giorno ormai lontano provocato l’incontro con Rizzoli e che non dimenticherò mai che tu sei stato il primo e l’unico tra tanti produttori ad avere intuito che cosa volevo fare con questo film».

News

Si intitola “Ombre felliniane” la nuova mostra di fotografie a cura di Antonio Maraldi con gli scatti realizzati dal fotografo Paul Ronald sul set di “8½”. La mostra sarà visitabile durante il Si fest di Savignano sul Rubicone, dal 18 al 20 settembre. Una selezione di scatti scelti tra gli oltre 2.200 negativi rimasti in soffitta per anni e donati con generosità al curatore. Il risultato è un racconto affascinante di luci e ombre in cui spesso regista, interpreti e ambienti sono colti nel buio o di profilo, in pausa o pronti per l’azione. Gran parte delle foto esposte nella mostra, mai stampate in precedenza, sono presentate per la prima volta.

Alle Terme di Chianciano il 18 e 19 settembre si terrà il “Fellini inedito festival”, una due giorni con al centro la mostra fotografica dedicata al rapporto fra Fellini e il sacro. La mostra, curata da don Renato Butera e Jonathan Giustini, esporrà le foto inedite legate al sopralluogo per la sequenza del Divino Amore ne “Le notti di Cabiria”, film Oscar del 1957. Un ritrovamento di cui si parla nel libro di Jonathan Giustini “Fellini inedito”, Edizioni Interno4. Venerdì 18, al convegno “Il Divino Amore di Fellini”, interverranno anche l’editore Massimo Roccaforte (Interno 4/Goodfellas) e Jonathan Giustini (scrittore e giornalista).

Newsletter

Iscriviti e ricevi le notizie del giorno prima di chiunque altro Clicca qui