In bici da Rimini a capo Nord, per donare sedute di psicoterapia in memoria di “Ste”. Macinare 10mila chilometri in 70 giorni con due obiettivi: ricordare Stefano morto a 25 anni e raccogliere fondi per la Neuropsichiatria di Rimini. Sono queste le coordinate dell’impresa del riminese Manuele Morettti, autista di Start Romagna, 48 anni e una passione per la Mountain bike nata nel 2015.
Moretti, come sta procedendo il viaggio?
«Sono partito dall’Arco di Augusto il 4 giugno scorso, per fermarmi dopo 270 chilometri a Piacenza, città dove abita il mio caro amico Michele. Da Torino abbiamo raggiunto assieme le Alpi ma, appena fronteggiato il Gran San Bernardo, il mio compagno di viaggio è tornato indietro per impegni professionali. Per cui ho attraversato in solitaria Francia, Belgio e Lussemburgo puntando sempre più a settentrione. Mentre parliamo sto lasciando l’arcipelago norvegese delle isole Lofoten, diretto verso Capo Nord, in Norvegia, dove approderò il prossimo 4 luglio».
Ha già prenotato punti di appoggio e ristoro?
«Ci ha pensato Michele che, da consumato giramondo qual è, ha affrontato più volte questa tratta che tra andata e ritorno conta oltre 10mila chilometri. Dati alla mano, risultano prenotazioni per quasi tutta l’andata tra ostelli, Bed&Breakfast e campeggi».
Cosa l’ha spinta a partire?
«Il viaggio è dedicato alla memoria di Stefano, che si è tolto la vita l’11 gennaio del 2020, qualche mese prima della pandemia che ha sconvolto il mondo. Quando è scoccato il lockdown tutto si è fermato e le domande senza risposta sembravano infinite, come il tempo a disposizione mentre il senso di colpa avanzava e le certezze si perdevano in un mare di interrogativi. In quei mesi ho progettato l’iniziativa “In viaggio con Ste”. Nel suo ricordo ho intrapreso anche il primo viaggio dopo la pandemia arrivando, da Rimini al Lago Trasimeno in Umbria. In quest’ultimo tragitto ho potuto contare su un meteo clemente: al momento ci sono 24 gradi, senza una nuvola, né un alito di vento. Ma non è tutto. Il secondo obiettivo, che fa girare i pedali, è raccogliere fondi per il reparto di Neuropsichiatria infanzia adolescenza dell’ospedale “Infermi” di Rimini. Con la somma raccolta metteremo a disposizione pacchetti di sedute di psicoterapia destinati alle famiglie di giovani pazienti. Se aiutato a comprendere cosa sta accadendo a suo figlio, qualsiasi genitore riesce a sostenerlo al meglio. La speranza è riuscire ad acquistare anche strumenti e macchinari destinati al reparto, tutte attrezzature utili nella diagnostica e nel trattamento dei disturbi legati al dipartimento di salute mentale e dipendenze patologiche».
Perché proprio quel reparto?
«Sembra il più vicino al nostro trauma, ricordandoci il problema di Stefano: una grande sensibilità e fragilità emotiva. Tutte problematiche all’ordine del giorno, di cui però si fatica a parlare per paura o vergogna, come fossero un tabù, eppure negli ultimi anni gli utenti seguiti dalla Neuropsichiatria sono quasi raddoppiati.».
Chi era Stefano?
«Un ragazzo di neanche 26 anni. Un cuore sempre in viaggio più che un semplice viaggiatore. Carta e penna sempre in mano, era approdato sino in Australia, lavorando ovunque, anche nelle vigne della Corsica. Non si sentiva tagliato per quest’epoca storica, perché era un vero sognatore. Con questo traguardo cercheremo di raccogliere il suo testimone».
Chi sostiene le spese del viaggio?
«L’idea gode del patrocinio del Comune di Rimini e di Ausl Romagna che tuttavia non ci hanno supportato attraverso i loro canali. Quindi è tutto a carico mio e della mia compagna. Abbiamo lanciato una raccolta fondi con buonacausa.org con l’auspicio di arrivare a 14mila euro, in modo da coprire parte dei 7mila euro di spesa, a fronte di circa 100 euro al giorno per 70 giorni. Una cifra pesante per chi fa il mio lavoro, specie in un momento del genere. Siamo quasi a metà della cifra, ma se non riuscissimo a toccare l’obiettivo prefissato, sosterremo da soli l’intera somma, devolvendo quanto raccolto in beneficenza. Quello che conta davvero è accendere i fari sulla sofferenza che affligge tanti giovani, il resto non conta nulla».