In aumento i ricoveri per gli adolescenti con disturbi psichici

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Aumenta il disagio psichico tra i giovanissimi: sempre più spesso gli adolescenti si trovano a vivere una condizione di sofferenza che, nei casi più estremi, sfocia in un ricovero. Ne parliamo con il dottor Roberto Zanfini, direttore U.O. Emergenza Urgenza Psichiatrica (SPDC) di Ravenna.

Dottore, ci spiega che cos’è l’SPDC?

«È un reparto dove avvengono ricoveri volontari o obbligatori per persone con disturbi psichici, generalmente adulti, ma vengono accolti anche minorenni. Ha 20 posti letto e serve la provincia di Ravenna».

Per quanto riguarda i pazienti minorenni, sono aumentati nell’ultimo periodo i loro ricoveri?

«Tra il 2018 e il 2019 c’è stato un picco nella fascia 16/24 che ha raggiunto, per quella di età inferiore ai 18 anni, il 3,4% di tutti i ricoveri. Nel 2020, invece, c’è stata una contrazione, perché per qualche mese all’interno del SPDC è stata allestita un’area Covid-19. Ora i dati stanno di nuovo risalendo e al momento il 20% dei ricoverati è minorenne. Ma non ci sono ancora i dati definitivi del 2021».

Chi sono e quali problematiche presentano i giovani che vengono ricoverati?

«Prevalentemente sono persone di sesso femminile, ma l’espressività sintomatologica, in entrambi i sessi, è comunque di solito simile: difficoltà relazionali e scolastiche, disturbi della condotta alimentare, autolesionismo e comportamento suicidario, tono dell’umore flesso o distaccato, ristretta visione del futuro, dipendenza emotiva dal contesto. Molte volte è complesso eseguire una diagnosi».

Che cosa si intende per “problemi relazionali”?

«Riguardano difficoltà a rapportarsi sia con la famiglia, sia con i pari. Talvolta sono adolescenti vittime di bullismo o di scarsa accettazione da parte del gruppo. Le difficoltà relazionali diventano gravi con la comparsa della compromissione del livello di funzionamento: la persona non è più in grado di sostenere le relazioni in un contesto sociale o scolastico e inizia a isolarsi fino a rinchiudersi in casa».

Qual è l’iter del ricovero?

«Il ricovero non è la prima risposta e non è neanche “la risposta”. Il ricovero non è un trattamento, ma è lo strumento attraverso il quale è possibile eseguire interventi intensivi in un contesto protetto e iniziare, proseguire o modificare trattamenti già in atto. I primi interventi vengono eseguiti a livello territoriale (medicina di base, pediatra di libera scelta, neuropsichiatria infantile, Centro di salute mentale). Se è necessario il ricovero, al di sotto dei 14 anni, il reparto adatto è quello di Pediatria, che ha anche l’indicazione per la fascia 14-18, ma quando è presente abuso di sostanze e un comportamento auto ed eteroaggressivo va preso in considerazione un ricovero presso il SPDC. Il ricovero rappresenta l’extrema ratio, al quale si ricorre quando i trattamenti territoriali non sono più sufficienti e ha come obiettivo la sofferenza, la ripresa del funzionamento sociale, relazionale e scolastico».

Da che cosa dipende l’aumento dei ricoveri nella fascia giovanile?

«L’aumento dei ricoveri degli adolescenti è un fenomeno nazionale. Per i minori non sono aumentati solo i ricoveri ma anche le richieste di trattamento. Non ci sono risposte univoche né certezze rispetto alle cause. Non è che “ci si ammala di più”. Infatti oltre alla dimensione biologica bisogna tenere conto i fattori psicologici e sociali. Sono cambiati i valori, l’organizzazione della società, lo stile educativo, la struttura della famiglia, la scuola e il modo di comunicare. La parola, la scrittura, l’incontro interpersonale stanno per essere soppiantati dai vari tipi di social».

Che cosa riportano questi ragazzi?

«Gli adolescenti manifestano un profondo senso di vuoto, una scarsa autostima e scarsa autoefficacia. Si isolano e tendono a sostituire le relazioni sociali con i social. Sono presenti difficoltà nel mondo della scuola, un sentimento di non farcela e di fallimento anche in presenza di buoni rendimenti. Fortunatamente la maggior parte di queste situazioni non sono ancora espressione di un disturbo. Infatti molte volte si tratta di un malessere transitorio dovuto allo sviluppo. Quello che è cambiato, rispetto alle generazioni precedenti, è il contesto culturale e sociale che è diventato più complesso. La crisi adolescenziale, per quanto esplosiva, è sempre una fase di passaggio».

Che cosa possono fare gli adulti?

«Prima di tutto reagire superando il senso di colpa e di fallimento. Molti genitori si sentono responsabili della situazione di crisi e se ne vergognano. Ciò ritarda la richiesta di aiuto. Va chiesto un supporto per sé e per l’adolescente rivolgendosi ai Servizi Sanitari, ma anche ai Consultori e agli Sportelli psicologici scolastici. Solo attraverso interventi integrati tra i vari servizi si riescono ad avere esiti duraturi e positivi».

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