Impronta ecologica: come l’Africa farà la sua svolta green

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Il mondo cambia, e lo fa in fretta. Mancano meno di 30 anni e la fotografia che il pianeta avrà nel 2050 sarà radicalmente diversa. Prima, negli anni ottanta, erano i blocchi contrapposti di Usa e Urss a farla da padrone, poi è arrivata la multipolarità degli anni duemila, con la forza preponderante del Sudest asiatico. Un peso di non poco conto anche per la sostenibilità. E nel 2050 il mondo cambierà ancora: basti pensare che un abitante su 4 sarà africano e un bimbo su 13 sarà nigeriano.

Se non ci saranno variabili in grado di arrestare lo sviluppo dei Paesi emergenti, si raggiungerà quota 10 miliardi di abitanti. E tutto questo non si può derubricare a una mera storia d’anagrafe: va tutto declinato sull’impronta ecologica che l’aumento della popolazione porterà sul pianeta.

Assicurare accesso all’energia a tutti in un modo efficiente e sostenibile è la sfida principale del settore energetico nel processo di transizione verso un futuro low carbon. Le stime dell’Agenzia internazionale dell’Energia (AIE) mostrano che nei prossimi anni la domanda di energia continuerà a crescere soprattutto nei mercati emergenti e nelle economie in via di sviluppo a causa dell’aumento della popolazione, della crescita economica sostenuta e di fenomeni quali l’urbanizzazione e lo sviluppo delle infrastrutture. Allo stesso tempo, il cammino verso le zero emissioni nette è stretto, ed è richiesto il più ampio dispiegamento possibile di tecnologie pulite ed efficienti per contrastare il cambiamento climatico. Un cambiamento radicale è essenziale per ridurre le emissioni di CO2 in settori specifici, come quello dei trasporti, che tradizionalmente si sono basati sui combustibili fossili, a favore dei biocarburanti. Sono loro a giocare un ruolo centrale nell’impegno di Eni, che proprio in Africa sta lavorando per portare tecnologia, know-how ed esperienza per sviluppare diverse soluzioni energetiche. In questa direzione vanno gli accordi firmati con Kenya, Angola e Repubblica del Congo per lo sviluppo del settore degli agro-biocarburanti, così come gli incontri recenti dell’amministratore delegato di Eni Claudio Descalzi con il presidente del Benin e quelli di Mozambico e Ruanda.

In questo contesto, fondamentale è anche l’accordo triennale sottoscritto da Eni con l’Agenzia Internazionale per le Energie Rinnovabili (IRENA) per accelerare la transizione energetica nei paesi esportatori di fonti fossili. I due partner promuoveranno l’integrazione del continente africano nella catena del valore dei biocarburanti. E se il mondo avrà il suo picco di abitanti nel 2050, l’azienda italiana (che ha un profondo radicamento in Romagna) prevede di aumentare la produzione delle bio-raffinerie a 2 milioni di tonnellate entro il 2024 e a 5-6 milioni di tonnellate entro il 2050, passando per l’eliminazione dell’uso dell’olio di palma entro il 2023.

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