Il parere del penalista di Imola Padovani sulle limitazioni

Imola

IMOLA. Ci sarà una “fase 2” anche a livello legale. Che riguarda la vita quotidiana delle persone che dovranno ricominciare a muoversi liberamente, e anche di quelle che dovranno rispondere in qualche sede di infrazioni e relative sanzioni, nonché del sistema della giustizia in generale. Che scenario si stia per profilare e quanto abbiano pesato e stiano pesando le disposizioni delle autorità a vari livelli rispetto a questo periodo senza precedenti, lo abbiamo chiesto all’avvocato penalista imolese Alberto Padovani.
A un mese abbondante dal primo decreto “restoacasa” , l'insofferenza delle persone verso le limitazioni di movimento cresce e qualcuno comincia a parlare anche di presunta incostituzionalità dei decreti stessi. Un’ obiezione fondata?
«Nell’azione di contrasto dell’epidemia in atto la medicina e la scienza sono giustamente in prima linea. Non potrebbe non essere così, a fronte di un’emergenza sanitaria che mette a rischio la vita e la salute di un numero indeterminato e impressionante di esseri umani. Inquadrare l’attività di gestione normativa della pandemia nella prospettiva del diritto dell’emergenza è di cruciale importanza per garantire il rispetto di diritti fondamentali, che inevitabilmente subiscono limitazioni, primo tra tutti il diritto alla libera circolazione. È però importante rilevare come la politica non deve semplicemente mettere in atto quanto la scienza indica, ma deve avere la capacità, dopo l’attenta audizione dei medici, di equilibrare le esigenze della scienza con l’intero sistema, poiché accanto ai valori della scienza vi sono altri valori ed esigenze da considerare, altri diritti che non possono essere totalmente dimenticati, e che non spetta ai medici indicarci. Quanto al nostro paese, la stella polare deve essere rappresentata naturalmente dalla Costituzione, come dalla Convenzione Europea dei Diritti dell’Uomo. In verità, è discutibile che si possa porre una scala di valori tra libertà e salute, ciò avviene nei sistemi dittatoriali, non può avvenire nel nostro. Con questo, nessuno vuole prestarsi al gioco di stabilire se viene prima la libertà o la salute; solo sottolineare che ha costituito una novità l’idea che in nome della tutela della salute tutto potesse essere possibile e lecito. È vero poi che i provvedimenti assunti hanno avuto durata limitata nel tempo, ma è anche vero che essi sono già stati più di una volta prorogati e non è chiaro il termine entro il quale finiranno. Con alcuni atti aventi forza di legge (i Decreti Legge) si è cercato di fornire una base legale alle misure limitative di diritti e libertà ritenute necessarie per fronteggiare l’emergenza, tuttavia non possiamo dimenticare come tutte le limitazioni di questi mesi non abbiano a ben vedere alcun fondamento costituzionale».
Sono dunque state intaccate libertà e diritti fondamentali considerato il fatto che non siamo e in uno stato di guerra?
«La nostra Costituzione conosce lo “Stato di guerra” non lo “Stato di emergenza”. Non a caso, lo Stato di emergenza è stato dichiarato in base in base al codice della protezione civile, dunque una legge ordinaria e non in base alla Costituzione. La verità è che sono i cittadini a rinunciare ad un diritto teoricamente irrinunciabile, per dovere di solidarietà e vista l’emergenza sanitaria. Si dia almeno atto di questo».
Basterà la data di scadenza dei decreti a sancirne il superamento o ci dovranno essere altri atti?
«Per quanto riguarda i vari provvedimenti la regola è che gli stessi cessino di avere efficacia alle scadenze indicate, salvo ulteriori proroghe. Ritengo probabile, tuttavia, che verranno emanati diversi altri provvedimenti con indicazioni e limitazioni volte al progressivo recupero della normalità. È, a mio avviso, impensabile che da un giorno all’altro si riprenda la vita come prima dell’emergenza».
Fino al decreto di fine marzo le persone fermate in circolazione “senza un fondato motivo” veniva contestata la violazione di una disposizione dell'autorità e scattava la denuncia, dunque un reato anche se non erano in circolazione violando la quarantena imposta per motivi sanitari (ovvero se non erano persone infette che potessero veicolare il virus). Quale sarà l'iter per queste cause?
«Le vecchie contestazioni aventi rilevanza penale, limitando il discorso a chi circolasse in assenza di giustificato motivo, sono destinate all’archiviazione con trasmissione atti al Prefetto per le valutazioni di competenza. Certo dover disporre archiviazione e trasmissione atti, da parte degli Uffici giudiziari, comporterà un dispendio di energie. È stata certamente una scelta frettolosa ed infelice, peraltro travisata anche da parecchi addetti ai lavori. Chiaramente esistono tutt’ora contestazioni di rilevanza penale connesse fondamentalmente al rischio di contagio».
Nella contestazione delle sanzioni amministrative a cui si è passati con il nuovo decreto la discrezionalità quanto può incidere?
«La discrezionalità fa parte della vita di ciascuno di noi ed il diritto, come ogni scienza che si occupa di regolare la vita, non si sottrae a questa caratteristica. Le attuali sanzioni, salve le ipotesi di irrogazione di importi elevati, a mio avviso non porteranno ad un numero statisticamente rilevante di ricorsi, vista la possibilità del pagamento in misura ridotta».
L'utilizzo dei droni per il controllo degli spostamenti è legittimo?
«L’utilizzo dei Droni di per sé reca una violazione del diritto alla riservatezza, tuttavia valgano le osservazioni già svolte. Si tratta di situazione eccezionale dettata dalla pandemia. Ciò che rileva è la determinatezza del precetto imposto, la sua durata temporanea e che sia disposto per legge e non con provvedimenti assimilabili ad un semplice precetto amministrativo. Altro profilo che potrà vagliarsi è quello della ragionevolezza, in relazione alla situazione da fronteggiare».
Come è stato il lavoro di avvocato in questo mese?
«Assai complicato ed ha imposto a ciascuno di noi un’accelerazione delle competenze tecnologiche ed informatiche. La chiusura dei Tribunali ed il divieto di interagire di persona con i clienti, rappresenta certamente un grave pregiudizio in capo alla nostra categoria».
Quali saranno gli effetti di questo blocco protratto per i professionisti come lei da un lato e per il sistema giudiziario in generale?
«Il primo effetto, come facilmente intuibile, è e sarà di carattere economico. Senza poter celebrare udienze e senza poter ricevere i clienti, diventa assai complicata la gestione economica di uno studio sul quale continuano a gravare importanti costi fissi di gestione. Da questo punto di vista le misure adottate dalla nostra classe politica sono assai deludenti, poiché non risolvono problemi ma si limitano a rinviarli al futuro, costringendo molti di noi a rischi di sovra-indebitamento per poter continuare a lavorare. Si aggiungano iter burocratici, che definirei cervellotici, anche solo per poter accedere a micro contributi del tutto irrisori e non decisivi».
La “fase 2” dal punto di vista legale e giuridico per questa epidemia come si prospetta?
«Il sistema giudiziario rischia d’implodere in se stesso, poiché oltre al nuovo troveremo tutto un lavoro arretrato da gestire. In questo senso c’è già chi parla di rinvii lunghi di taluni processi al solo fine rottamarli, non facendo tuttavia i conti con la prescrizione sospesa che imporrà comunque la gestione dei fascicoli».

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