Pietro Taraborrelli: «Superare un certo verticismo e ricostruire il confronto politico»

Imola

IMOLA. Capire i perché della sconfitta, puntare su dialogo e presenza tra la gente, l’inedito ruolo del Pd all’opposizione, all’orizzonte del congresso che in autunno porterà un nuovo segretario. Questi i temi caldi su cui il Pd è chiamato a confrontarsi secondo Pietro Taraborrelli, uno dei membri della segreteria che il reggente Roberto Visani ha voluto nella sua squadra.

Che tipo di lavoro imposterà la segreteria guidata da Visani?

«La federazione Pd di Imola esce da una durissima sconfitta e per affrontare l’opposizione ad Imola e le sfide nei Comuni ha bisogno di due cose: un congresso politico in cui si discuta su che collocazione nelle nostre comunità vogliamo avere e ripristinare un clima di ascolto e confronto politico fra di noi e con le comunità. La nuova fase politica va costruita superando un certo verticismo e ricostruendo un confronto politico e penso che il lavoro che faremo con Roberto Visani potrebbe cominciare proprio da questo: dialogo, presenza, approfondimento. Io proporrò di organizzare un momento di studio con l’istituto Cattaneo per analizzare i flussi elettorali e più importante ancora di invitare associazioni, sindacati, professionisti e intellettuali a partecipare al nostro dibattito. è il momento di avere coraggio».

Come riprendere il contatto con l’elettorato perso?

«Prima di tutto occorre chiedersi perché quell’elettorato lo abbiamo perso e chi abbiamo perso, se si vuole riannodare la fiducia con chi ci ha voltato le spalle. Perché peggio della sconfitta c’è la rimozione della sconfitta e delle sue cause in chi oggi è tentato dal dire “Abbiamo fatto tutto quel che si poteva, colpa del destino cinico e baro, aspettiamo che cambi il vento”. Temo che questa impostazione ci porterebbe a perdere ancora. Secondo me bisogna partire ricominciando a riempire il nostro dibattito delle condizioni di vita materiale e culturale, delle aspettative e dei bisogni delle persone che vogliamo rappresentare. Dobbiamo tornare nei luoghi delle difficoltà, del conflitto e della rabbia sociale, che ci sono anche nella nostra città, ed essere disponibili ad ascoltare e farci carico delle critiche».

Dopo la sconfitta dentro il partito si è aperta la caccia ai colpevoli.

«Una considerazione: tutti siamo responsabili. Io faccio il pezzo di autocritica che mi compete: spesso nel percorso verso le elezioni amministrative non ho esercitato con la durezza necessaria il mio ruolo in direzione di fronte a scelte e percorsi che non mi convincevano fino in fondo. L’ho fatto per timore di non dividerci di fronte a una sfida difficilissima, ma avrei dovuto avere maggior coraggio. Detto questo è chiaro da un lato che chi ha diretto questa fase si deve assumere la responsabilità politica delle sue scelte e Raccagna e Manca lo hanno correttamente fatto. Dall’altro lato però dobbiamo discutere non solo di persone, ma di impostazione politica. Se c’è qualcosa su cui va puntato il dito è un’impostazione politica risultata sconfitta: l’idea di risolvere l’emorragia di voto dei ceti popolari con accordi con pezzi di ceto politico proveniente dal centrodestra e quei settori sociali che in città sono usciti vincitori dalla crisi. E che alla crisi del blocco politico e sociale del centrosinistra si potesse rispondere con un “civismo senza politica”, un’idea che era nuova negli anni ’90 e dopo quasi 30 anni è risultata terribilmente vecchia. Lo dico perché se ci limitiamo a cambiare il segretario con un casting che selezioni per cooptazione il candidato più simpatico, magari giovane, senza discutere e cambiare linea politica, le sconfitte peggioreranno».

Come raccordare il gruppo consiliare Pd con i circoli, la coalizione e la società civile?

«Penso che in questa fase accanto al lavoro nelle istituzioni vada rafforzata anche quello nella società. Più che grandi risposte in questa fase suggerisco tre domande: negli anni della crisi la cooperazione, cuore e identità del nostro modello di sviluppo, ha svolto fino in fondo il suo ruolo di mutualismo e redistribuzione di diritti e lavoro o anche in quel mondo a volte si è ceduto a logiche diverse? Il modello di governo del territorio fatto di aziende partecipate, che sono una ricchezza enorme che va difesa, ha garantito il controllo pubblico e dei cittadini sulle scelte messe in campo? Il sistema di servizi così come è garantisce un processo processo di inclusione sociale o rischia paradossalmente di escludere alcuni?».

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