Miele, col cambiamento climatico crolla la produzione

Imola

Mezzo chilo a testa in un anno è il consumo medio di miele di un italiano, un vasetto. Inoltre, il consumatore italiano ha gusti piuttosto monotoni: se è del nord lo chiede sostanzialmente solo di acacia, se è del sud di agrumi. Produzione e valori di mercato si calcolano dunque su queste due tipologie, solo che quest’anno di miele di acacia e di agrumi non ce n’è. Il gelo ha seccato le gemme che non sono diventate fiori, il vento ha poi scompigliato i voli delle api quando era l’ora della accolta. Insomma: «Questa è dal punto di vista produttivo la peggiore annata della storia. Parliamo di un calo di produzione sui mieli primaverili, acacia e agrumi, di oltre l’80%. Ad esempio proprio sull’acacia, fioritura difficile che si concentra in due settimane, quest’anno si sono registrate produzione inferiori ai due chili per alveare, a volte zero, quando la sostenibilità economica richiederebbe almeno 10/15 chili». Diego Pagani è apicoltore biologico da 21 anni nell’Appennino piacentino, presiede il consorzio Con.Api con sede sui colli bolognesi a Monterenzio che associa oggi 350 soggetti fra cui soprattutto aziende singole, ma anche associazioni che a loro volta riuniscono apicoltori amatoriali, che nel settore sono tanti. «In tutto oltre 600 apicoltori che gestiscono in totale 110mila alveari soprattutto in Emilia-Romagna, ma anche nel resto d’Italia, più 9 soci da Spagna e Ungheria».

Cambiamento climatico

Il cambiamento climatico è l’indiziato numero uno di questa difficoltà estrema che oggi mette a rischio sia la sopravvivenza delle api, che già pativano per l’aggressione dei pesticidi utilizzati dall’agricoltura intensiva, che quella delle stesse aziende. «Il cambiamento climatico ha ridotto progressivamente in questi anni la capacità produttiva degli alveari, al punto che per tenerli in vita gli apicoltori, che sono innanzitutto allevatori, hanno dovuto nutrirli. Il fatto è che oggi non ci sono condizioni per cui le api possano vivere senza gli apicoltori – spiega Pagani –. Se l’ambiente fosse accogliente continuerebbero a vivere in natura come è sempre stato, ma oggi come oggi non sopravvivrebbero e la perdita sarebbe impattante per tutto il sistema alimentare».

Il valore di un alveare

Il messaggio che gli apicoltori stanno promuovendo, è che il loro lavoro, aldilà della produzione del miele, ha un peso fondamentale in agricoltura e quindi chiedono ascolto (per la prima volta hanno avanzato richiesta di fondi invocando la calamità naturale). «Diciamo sempre che le api sono sentinelle biologiche dell’ecosistema, e dove un’ape viene avvelenata anche noi lo siamo in parte – spiega Pagani –. Per smettere di considerare l’apicoltura un settore minore, basta considerare che il 70% del cibo che mangiamo deriva dal lavoro di impollinazione. Si è calcolato che il mercato del miele in Italia valga 220 milioni di euro, ma il valore attribuito al servizio, non retribuito, di impollinazione che questi insetti compiono è stato valutato in 15 miliardi di euro; il ricercatore tedesco Jurgen Tautz scrive ne “Il ronzio delle api” che questa è la terza specie per importanza, allevata dall'uomo».

Mieli, biodiversità e consumi

Non ci sono solo apicoltori e agricoltori coinvolti, ci sono anche i consumatori, che intanto dovrebbero capire che il miele, come ogni altro prodotto della terra, può esserci oppure no e quindi la richiesta andrebbe calibrata da una maggiore consapevolezza. Poi che i mieli sono tanti quanti sono i fiori, e più spesso ne sono un mix. Quindi, dopo un lungo periodo che ha privilegiato il consumo di monoflora, in annate come queste il classico “millefiori” diventa l’alternativa necessaria, non per questo di minor pregio. «I millefiori cambiano a seconda delle stagioni che offrono fioriture diverse, degli ambienti, il miele è il prodotto che maggiormente fotografa la biodiversità di un territorio – sottolinea il presidente del Con.Api –. La Romagna ha produzioni interessanti come il girasole, il coriandolo o la fioritura spontanea di stachys. È diventato interessante il miele di tiglio, che è sostanzialmente una produzione urbana legata alle piante presenti nei viali o nei parchi, oppure quella di erba medica che abbonda nelle zone di produzione del Parmigiano Reggiano. Poi ci sono i millefiori e il castagno in Appennino. Il consumatore dovrebbe chiedersi innanzitutto da dove arriva il miele, e chiedere che sia italiano. Poi arricchirebbe molto le sue esperienze di gusto sperimentando nuovi mieli, che può conoscere anche semplicemente andando a fare una passeggiata in campagna o in collina guardando che fiori ci sono e andando cercare un apicoltore».

Week end con le api a Castel San Pietro. Comunque sia andato il raccolto, in settembre, da domani a domenica, Castel San Pietro diventerà ancora una volta epicentro della discussione sulla produzione di qualità del miele. Qui ha infatti sede l’Osservatorio nazionale del miele che anche quest’anno ha messo a punto una serie di incontri tecnici per fare il punto sulla situazione attuale e le problematiche legate al clima, ma anche appuntamenti aperti al pubblico per favorire la conoscenza e la consapevolezza dei consumatori attraverso la possibilità di degustazioni e acquisti. In particolare sabato e domenica mattina alle 9 in piazza XX Settembre si tiene la Fiera del miele e il “Borgo dei sapori” con molti produttori che arrivano da tutta Italia, mentre i seminari che si articolano per tutto il fine settimana saranno trasmessi anche in streaming on line. La nuova edizione del concorso fotografico “Ape, mieli. Biodiversità con gusto”, da quest’anno sarà poi dedicata ad Andrea Paternoster, il famoso apicoltore trentino scomparso prematuramente. Il tema di quest’anno del concorso è “Apicoltori: pastori di api”. Torna anche il concorso gastronomico “Un piatto al miele” organizzato dall’Osservatorio Nazionale del Miele di Castel San Pietro Terme con il patrocinio dell’amministrazione comunale e dell’Accademia italiana della cucina locale dedicata ai ristoratori locali invitati a creare piatti con questo gustoso ingrediente, che poi dovranno tenere in carta per almeno un mese. Lo scopo è molteplice: reinterpretare i piatti della cultura gastronomica bolognese fornendo un contributo sull’antico abbinamento dei sapori; promuovere la ristorazione di qualità che si impegna a valorizzare un ingrediente antico come il miele; valorizzare i mieli italiani di qualità espressione di una biodiversità; diffondere la cultura dei mieli e la consapevolezza del ruolo di Castel San Pietro Terme come “capitale italiana del miele”. Sarà lo chef stellato Igles Corelli a presiedere la giuria che comprenderà anche Stefano Bicocchi, in arte Vito, Patrizio Roversi, conduttore televisivo, Andrea Stanzani, dell’Accademia italiana della cucina e lo scrittore Napoleone Neri. La premiazione avverrà domenica 19 settembre, alle 10.30 in piazza XX Settembre. Il programma completo è sul sito www.informamiele.it

Concorso Tre Gocce d'oro. L’Osservatorio nazionale del miele a Castel San Pietro organizza, ogni anno dal 1981, il concorso Tre Gocce d’Oro – Grandi Mieli d’Italia, per la selezione dei migliori mieli di produzione nazionale. Negli anni vi hanno partecipato centinaia di apicoltori che hanno messo i mieli di loro produzione a disposizione di una rigorosa selezione e una consistente quantità di accertamenti analitici; negli ultimi anni sono stati oltre 450 gli apicoltori e 1100 mieli, da quelli più diffusi a quelli più rari e singolari, partecipanti per ogni edizione. Il bando viene pubblicato ogni anno all’inizio dell’estate, il termine per il ricevimento dei campioni alla fine di agosto. Quest’anno, nonostante le difficoltà dell’annata, sono stati analizzati e valutati ben 1067 mieli in gara. La premiazione avverrà domenica nel corso delle manifestazioni apistiche castellane, ma l’elenco dei vincitori sarà on line già da domani su www.informamiele.it . «Gli obiettivi del concorso –spiega lo stesso osservatorio – sono molteplici: monitorare la qualità del miele italiano, fornire assistenza tecnica e formazione sul miglioramento della qualità ad apicoltori e loro organizzazioni, promuovere il miele di qualità e le sue diversità e le aziende che si sono impegnate a produrre in qualità, nonché l’incontro con il consumatore». Insomma, promuovere la cultura dei mieli, perché per questo prodotto l’uso del singolare non è corretto.

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