Imola, il Lungofiume cambia volto saranno sbancati 190mila metri cubi di terra GALLERY FOTO MMPH





Il colpo d’occhio è traumatico. Lo era già a luglio con i cumuli di alberi tagliati, 47 e non 42 alla fine quelli tolti per fare spazio alle ruspe, che si aggiungono ai 19 pioppi sacrificati sul lato autodromo per il muro che cinge il paddock. Ma lo è anche adesso che al posto dei tronchi ci sono i cumuli di terra scavati, al momento solo nel primo tratto, fra il ponte di viale Dante e la rotonda Dei Marinai, poi toccherà al secondo pezzo che costeggia la via Graziadei, fino al ponte della ferrovia.
I lavori sul Lungofiume sono partiti a giugno con l’annuncio del Comune, ottenuto l’ok della Conferenza dei servizi, ma per conoscere tutto il progetto, finora mai presentato pubblicamente nel dettaglio, occorrerà aspettare fino a settembre o inizio ottobre. «Quando sarà definito il progetto esecutivo anche dal punto paesaggistico potremo spiegare meglio ai cittadini come diventerà il parco Lungofiume dopo i lavori - spiega la vicesindaca Elisa Spada -. Sulle nuove alberature abbiamo chiesto allo studio di progettazione (Enser di Faenza, ndr) di aumentare gli alberi da ripiantare, che non saranno piante di forestazione ma alberi già cresciuti. Uno per ogni albero tagliato sul lungofiume, ma abbiamo preso l’impegno di ripiantumarne il doppio, quindi altrettanti troveranno spazio in altre aree della città». Per ora sono 19 quelli tagliati lungo il perimetro del paddock dove restano anche alcuni monconi di pioppi drasticamente capitozzati, e 47 nell’area golenale che il progetto va a modificare, in totale 66. Ma ce ne saranno ancora altri nel secondo tratto, la vicesindaca non anticipa quanti di preciso ma solo che « i tagli non saranno nelle zone più boscose, ad esempio il parco Chico Mendez; dipenderà dagli scavi che saranno adeguati alle curve del fiume e alla presenza anche di aree private». A lavoro finito (per il giugno 2026) saranno stati asportati dalla riva del Santerno 190mila metri cubi di terra. «Lo scopo è dare più spazio all’acqua in caso di nuove piogge intense - spiega ancora Spada - e anche di diminuirne la velocità. Per questo l’argine verrà scavato ricavandone due livelli in più punti. La seconda fase degli scavi si fermerà prima degli orti. A lavoro finito anche il livello più basso della sponda sarà praticabile, come avviene già in altri punti. Il Lungofiume è un corridoio ecologico rilevante per la città, molto vissuto dai cittadini e tale resterà . Ovviamente il ripristino delle alberature avverrà anche dalla parte del muro dell’autodromo». Il lavoro, pagato con 8,5 milioni della Struttura commissariale per i danni dell’alluvione 2023, oltre al muro dell’autodromo e alla risagomatura dell’area golenale, che sarà poi rifinita con la posa di massi ciclopici di protezione, prevede anche la posa di quattro valvole Clapet che Hera sta posando lungo via Graziadei, fra la via Cattaneo e la via Banfi, visibili dalla stessa strada in queste settimane.
La polemica
I lavori in corso a Imola, a cominciare da quelli sul Lungofiume, non convincono affatto il consigliere di opposizione Ezio Roi che parla a nome del suo nuovo gruppo politico Uniti Possiamo. «Molte decisioni appaiono frettolose, avventate e senza la necessaria ponderazione degli elementi in discussione, mentre si ripete il ritornello “sono stato eletto, comando io e decido io”, che dimostra come si ritenga di aver ricevuto un assegno in bianco per il governo del territorio con potere “di vita o di morte”. Noi non la vediamo così. Per spiegare cosa intendiamo, possiamo partire dalla situazione muro di contenimento autodromo e interventi annessi: una bruttura per gli occhi la devastazione della riva di via Graziadei, con alberi di alto fusto estirpati o trasformati in moncherini, un luogo bello e molto fruito dai cittadini, con le panchine ombreggiate, trasformato in un campo di battaglia. Ma il Comune ripianterà il doppio degli alberi rimossi, si controbatte. Argomentazione purtroppo ridicola quella di paragonare un alberello giovane a alberi di grandi dimensioni: ne servirebbero centinaia per ognuno, non solo il doppio, per recuperare gli stessi servizi ecosistemici e questo si può capire a occhio, valutando i volumi. Serviranno invece decine di anni per tornare a uno stato simile al precedente, molti di noi non lo vedranno e nel frattempo ci godremo la calura sul posto e nei dintorni, perché mancherà una fondamentale fonte di raffrescamento». Roi non si fida della tenuta del nuovo muro «senza fondamenta» ma soprattutto critica il metodo: «Ma il progetto qualcuno l’ha visto? E’ stato presentato pubblicamente? Non è dato sapere cosa in effetti si farà. Abbiamo anche letto pochi giorni fa che “sarà predisposto un piano per la gestione e il riutilizzo controllato dei materiali di scavo” ma invece è apparso improvvisamente un cantiere in via della Resistenza, nell’area verde Teresa Gullace, senza alcun cartello ovviamente, che pare destinata ad accogliere i materiali prelevati dal fiume, distruggendo l’ennesima zona alberata in nome della “riqualificazione”».