Imola, “Il Cau ha tolto solo il 6,6% di casi al pronto soccorso ma funziona”: l’analisi del dg Andrea Rossi

Imola
  • 27 marzo 2024

L’occasione per fare il primo bilancio ufficiale del Cau è stato un incontro pubblico con i cittadini di Mordano che l’Ausl di Imola rinnova ogni anno. Morale: calano i codici verdi e bianchi al pronto soccorso, ma non maniera drastica. Quindi: «Il Cau funziona ed è apprezzato, ma il punto di riferimento è il medico di famiglia».

Il direttore generale dell’Ausl Andrea Rossi e la direttrice assistenziale Sabrina Gabrielli hanno presentato i primi dati. Sui primi 94 giorni di attività ci sono stati 4579 accessi, di cui 2369 nelle giornate prefestive e festive, 3602 assistiti che al Cau hanno risolto il problema contingente e sono stati rinviati al curante, 179 persone trasferite al pronto soccorso (ma nessun caso grave), 254 inviati ad accertamenti specialistici, 211 abbandoni. Le motivazioni di accesso più frequenti, specifica l’Ausl nel suo report, sono tosse (11,5%), prescrizioni o certificazioni (9,5%), febbre (8,4%), dolore agli arti (6,3%), occhio rosso (4,1%), mal di pancia (3,7%), «Il profilo dei cittadini che in questi mesi ha avuto accesso al CAU è sovrapponibile a quello dei cosidetti codici bianchi e verdi di PS - ha spiegato Rossi -. Si tratta nella stragrande maggioranza di persone in età lavorativa, tra i 18 ed i 65 anni, assistiti dalla nostra Ausl nell’86% dei casi. Sono quindi persone in genere in salute, che hanno poco tempo e vogliono risolvere tempestivamente disturbi di salute generali e contingenti. Per i pazienti il beneficio è doppio: al Cau l’attesa media è di 53 minuti dall’arrivo al termine della visita contro le 4 ore di media per un codice verde o bianco al pronto soccorso, inoltre è gratuito, ovvero non è previsto il ticket come invece al pronto soccorso in questi casi» . Dai questionari a cui gli utenti hanno risposto per ora ne emerge un giudizio positivo nell’80% dei casi. «Deve però essere chiaro che il Cau non è un “ricettificio” né deve sostituire il medico di famiglia» ha ribadito Rossi sottolineando che un principio di appropriatezza riguarda anche il Cau: «Il 9,5 dei pazienti si rivolgono al Cau per ricette o giorni di malattia. E’ vero che al Cau non mandiamo via nessuno ma è evidente che queste cose i cittadini dovrebbero richiederle al proprio medico. La figura di riferimento per l’assistenza primaria è sempre il nostro medico di medicina generale, o i medici che lavorano con lui in rete o in gruppo. Sono questi professionisti che conoscono la storia sanitaria del loro assistito e sono in grado di fornirgli valutazioni, consigli, prestazioni e prescrizioni che tengono conto del contesto di salute, e anche di vita, individuale. In futuro ci piace pensare ad un Cau dove operino anche i medici di medicina generale. Peraltro, abbiamo rilevato che gli assistiti di alcuni medici non si presentano pressoché mai al Cau, mentre altri vi si recano spesso. E’ un’analisi interessante perché potrebbe fornirci elementi per migliorare l’accessibilità agli studi medici. Altra evidenza è che c’è una correlazione lineare tra distanza dalla struttura e frequenza di accesso: al Cau accedono di più i cittadini che vivono in zona, un’ulteriore prova del valore della prossimità».

Se il servizio nasceva per ridurre gli accessi impropri al Pronto soccorso, ecco qual è il risultato parziale riferito al mese di gennaio: «A gennaio 2024 i codici bianchi e verdi realmente inappropriati sono calati del 6,6% rispetto allo stesso periodo 2023. Mediamente avevamo 27mila codici bianchi e verdi all’anno in pronto soccorso. E nella nostra azienda, che aveva già una percentuale di codici inappropriati più bassa del 14% della media regionale grazie agli ambulatori di continuità diurna gestiti dai medici di famiglia fin dalla fine degli anni ’90, si tratta di un numero assoluto ancora basso (137 casi/mese) ma speriamo che il trend si mantenga e che l’attivazione dei nuovi servizi territoriali previsti aiutino a raggiungere l’obiettivo di garantire un’ottimale assistenza territoriale e una emergenza urgenza che si concentra sui bisogni gravi. Insomma - tira le fila il direttore generale Andrea Rossi - non abbiamo dato segnali di svuotamento del pronto soccorso, ma un’inversione c’è stata».

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