Il Circondario imolese, tra i primi enti locali a farlo a livello nazione, approva, dopo il via libera della Città metropolitana, il “Piano di uguaglianza di genere” valido fino al 2026. Si tratta di un documento che ha precisi obiettivi per diminuire il gap esistente per le pari opportunità, attraverso azioni e non solo proclami.
Questo documento, di un’ottantina di pagine, è il risultato di un percorso partecipato che ha coinvolto un migliaio di persone nel corso di più di cento incontri, laboratori e confronti, organizzati tra dicembre 2021 e giugno 2022 nei 55 comuni dell’Area metropolitana bolognese, tra cui anche i dieci dell’Imolese. Il tutto vedendo la partecipazione di amministratrici e amministratori, rappresentanti di sindacati e dell’impresa, associazioni femministe e non.
Un progetto di rete
«Questo è un grande lavoro di sintesi – spiega Beatrice Poli, sindaca di Casalfiumanese, titolare nel Circondario della delega alle Pari opportunità – che assieme agli assessori di tutti i comuni, al tavolo delle imprese, ha visto 24 firmatari tra sindacati, aziende partecipate, istituzioni pubbliche e aziende. È una esperienza che credo sia significativa dell’unità d’intenti. Inoltre è che il progetto mani in rete che abbiamo condiviso attraverso l’Asp Circondario Imolese, un progetto concreto che ha visto l’insegnamento di nuovo mestiere a donne che uscivano da situazioni difficili, abbia permesso di reagire e offrire una posizione concreta e un aiuto anche da un punto di vista lavorativo che non sia solo di punto assistenzialistico, ma sia di autonomia e di ripresa di possesso della propria vita alle donne».
Cosa dice
Il Piano dialoga con la strategia europea per la parità di genere e con quella italiana ed è composto da azioni pratiche, concrete, nuovi progetti, costruendo nuovi servizi. Nello specifico si affrontano cinque ambiti: lavoro pagato, non pagato, azioni di contrasto alla violenza di genere, cultura dell’uguaglianza e contrasto alle discriminazioni multiple, quelli cioè su cui si misura quanto e quando le differenze diventano vere e proprie discriminazioni.
Tra le priorità c’è quello dell’aumento dell’occupazione femminile di almeno tre punti, dal 64% del 2021 al 67% del 2026, e la riduzione del gender gap arrivando fino all’obiettivo del raggiungimento del 70% di occupazione femminile entro il 2030, riducendo di tre punti percentuali le persone anziane tra uomini e donne di presenza nel mercato del lavoro.
Altro ambito che si vuole potenziare, come quello di mani in rete, è l’incentivazione alla creazione di progetti legati all’imprenditoria femminile, quello denominato “padri coraggiosi”, cioè una serie di misure che prevede il congedo parentale maschile, la questione del lavoro di cura, troppo sulle spalle delle donne. Ed ancora dare la possibilità concreta di vedere un aumento dei nidi aziendali, interaziendali, aperti al territorio con le organizzazioni delle grandi imprese, l’elaborazione di un manifesto metropolitano della cura, e la costruzione di un indicatore della cura, cioè rilevazioni di parametri rilevabili che mostrano le condizioni nei nuovi insediamenti urbani o produttivi dei bisogni di cura.
Infine saranno realizzati interventi per la cultura dell’uguaglianza con regole da adottare da tutti i soggetti culturali, archivi, musei, scuole, per favorire la cultura dell’uguaglianza, anche con le comunità di stranieri migranti.