Imola, Rossi: "I monoclonali hanno fallito, meglio gli antivirali"

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Se l’Ausl Romagna pensa all’estensione delle cure monoclonali su larga scala in un prossimo futuro, va in direzione decisamente contraria l’Ausl di Imola che definisce «fallimentare» questo tipo di terapia.

Monoclonali a Imola

«A Imola fino ad oggi sono stati trattati 6 pazienti con infusione endovenosa di anticorpi monoclonali, nell’ultimo periodo dello scorso anno – spiega il direttore generale dell’Ausl Andrea Rossi –. In 4 casi si è utilizzata l’associazione bamlamivimab-etesevimab e in due casi l’associazione casivirimab-imdevimab. Ultimamente si dispone di alcune dosi di sotrovimab. Le evidenze di letteratura consigliano di riservare i trattamenti ad adulti e adolescenti maggiori di 12 anni non ospedalizzati e non in ossigenoterapia». Una caratteristica di questi farmaci, oggi utilizzati in via sperimentale la cui somministrazione prevede una specifica registrazione e comunicazione all’Aifa, è che «vanno usati precocemente, ossia entro i primi 7/10 giorni dall’esordio dei sintomi e vengono somministrati in ambiente ospedaliero protetto ovvero in day hospital, dove si pratica un’infusione per fleboclisi, della durata di 30 minuti circa, a cui fa seguito un periodo di osservazione di un’ora». L’Ausl di Imola ribadisce che «sono riservati a pazienti che sono a rischio di progressione severa della malattia, ossia gravi obesi, pazienti in insufficienza renale cronica, diabetici scompensati, anziani, gravi cardio ed epatopatici, gravi broncopneumopatici, ecc e per queste ragioni non possono avere un utilizzo esteso».

«Pochi risultati»

Insomma, «va combinato un arruolamento tempestivo di un paziente che deve avere determinate caratteristiche. Sono peraltro farmaci autorizzati per uso in emergenza che non dispongono ancora di solide evidenze di efficacia, tanto è vero che si stanno progressivamente abbandonando tutte le formulazioni sperimentate, perché alla prova dei fatti, cioè con l’utilizzo diffuso nella popolazione, ci si è accorti che non producono gli effetti sperati –aggiunge il direttore Andrea Rossi –. Ad oggi l’Aifa, concordemente a quanto espresso dai maggiori esperti infettivologi, consiglia l’utilizzo del solo sotrovimab, e di abbandonare il ricorso agli altri monoclonali; anche per il sotrovimab le più recenti evidenze sono quelle di una scarsissima risposta alla variante Omicron. La nostra scelta di non puntarci diffusamente si è rivelata azzeccatissima, le prove scientifiche ci stanno dando ragione».

Nuovi antivirali

Dunque l’Ausl di Imola lascia chiaramente intendere, ancora una volta, che non punterà sulle cure con anticorpi monoclonali. «Possono essere utilizzate in casi gravissimi, sono costosissimi e danno risultati modestissimi – dice Rossi –. O ci sarà una produzione nuova o temo che sarà complicata la gestione di pazienti che devono venire in day hospital, credo che i farmaci antivirali di seconda generazione si stiano mostrando più efficaci rispetto ai fallimentari monoclonali».

L’Ausl di Imola infatti intende implementare a breve le terapie con i nuovi farmaci antivirali. Già dispone di un piccolo quantitativo di dosi, 10 in tutto, «di Molnupiravir (inibitore dell’Rna polimerasi virale) e si attende la fornitura di Paxlovid (inibitore delle proteasi virali)».

Entrambi i farmaci sono ad uso orale e saranno indicati nel trattamento precoce del Covid, entro i primi 5 giorni, in pazienti adulti che non necessitano di ossigenoterapia supplementare e che sono a maggior rischio di progressione verso forme severe di malattia. Come accedervi? «Qui sarà compito principalmente dei medici di base segnalare i pazienti adatti al servizio sanitario –spiega il direttore Rossi –, serve infatti un rapporto diretto con l’infettivologo dell’ospedale che valuta la situazione prima di procedere alla somministrazione».

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