Imola, progetto per aumentare il recupero di eccedenze alimentari

Imola

«Non è pensabile una città in cui ci sia da una parte chi butta via del cibo e dall’altra chi ha fame». E allora “Un s’bóta veja gnét”, non si butta via niente. È il progetto promosso dal Comune di Imola con Hera e Last minute market, la società spin-off dell’Università di Bologna che si occupa di recupero degli sprechi. Da un lato le persone in difficoltà, dall’altro le aziende e gli esercenti che donano le eccedenze, distribuite grazie al volontariato.

«L’iniziativa si ispira all’economia circolare per recuperare le eccedenze alimentari dando al contempo un aiuto concreto e aiutando l’ambiente, e nasce trasversalmente tra gli assessorati», ha spiegato l’assessora all’Ambiente Elisa Spada insieme ai colleghi allo sviluppo economico Pierangelo Raffini e al Welfare Daniela Spadoni.

Le fondamenta

«L’iniziativa si inserisce in un sistema di redistribuzione già avviato con l’obiettivo di aumentarne l’estensione», ha sottolineato Spada, facendo riferimento alle realtà già esistenti che si occupano di redistribuire i cibi invenduti e donati. Tra queste ci sono la cooperativa sociale Mano tesa, che si occupa tra le altre attività di anziani, e No sprechi, che gestisce l’emporio solidale, entrambe coinvolte nei primi sei mesi del progetto.

Prove generali

Nella fase sperimentale, da gennaio a giugno, sono state recuperate 5 tonnellate di cibo, tra cui 1.600 pasti pronti grazie alle donazioni dell’Interspar, di Ecu e all’iniziativa di recupero dei pasti dalla mensa di Hera, Cibo amico. I prodotti recuperati sono stati destinati ai sei ospiti del cohousing per anziani di Sesto Imolese gestito da Mano tesa e alle persone raggiunte dalla rete associativa di No sprechi, che vede Anteas, Auser, Croce Rossa, San Vincenzo de’ Paoli e Santa Caterina, Caritas e Trama di terre distribuire tre pacchi viveri la settimana a oltre 600 famiglie.

Prossima fase

L’obiettivo entro la fine dell’anno è quello di arrivare a 10 tonnellate di cibo recuperato, evitando così l’emissione di 30 tonnellate di anidride carbonica necessarie a produrre tanti alimenti. Perciò in questi giorni si stanno aggiungendo ai donatori la Clai, i tre Conad imolesi e l’autodromo con Imola living lab, ma altri potranno candidarsi presentando gli appositi moduli al Comune. A questi saranno fornite «vetrofanie e locandine con un Qr code che rimanda all’iniziativa per sensibilizzare la cittadinanza e fare cultura del recupero», ha aggiunto Spada. Fondamentali per la riuscita i volontari e la velocità del recupero, soprattutto per i freschi. Presenti anche Matteo Guidi di Last Minute e Marco Poli, il responsabile dei servizi ambientali di Hera che ha lanciato la proposta di un report per monitorare gli obiettivi all’inizio del prossimo anno.

Obiettivocoinvolgerealtri donatori

Inizia a funzionare a pieno regime “Un s'bóta veja gnét”, il progetto promosso dal Comune di Imola, Hera e Last minute market per recuperare le eccedenze alimentari dalle attività del territorio e redistribuirle a chi è più in difficoltà grazie alla cooperativa Mano tesa e ai volontari di No sprechi. Finora a donare erano stati l’Interspar, Ecu e la mensa aziendale di Hera ma già in questi giorni si stanno aggiungendo la Clai, i tre Conad di Imola e l’Autodromo con Imola living lab. L’obiettivo però è quello di allargare la rete sempre più. Per questo il Comune ha predisposto due moduli per candidarsi in veste di donatori o riceventi il cibo, con cui sottoscrivere una serie di impegni volti alla tracciabilità del percorso degli alimenti e quindi alla loro integrità e buona condizione, nonché alla gratuità della donazione. «Si tratta di impegni che ricordano le condizioni per la vendita perché i cibi donati devono essere in perfette condizioni, e non danneggiati, ad esempio», ha spiegato l’ingegnera dell’ufficio Ambiente del Comune Federica Ferri, che ha lavorato al progetto.

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